Spalletti: “Nella nuova società ci sono persone che lavorano con coerenza”

Luciano Spalletti, ex tecnico giallorosso ora allenatore dello Zenit, intervenuto ai microfoni dell’emittente radiofonica romana TRS, ha parlato del momento della Roma. Queste le sue parole: “Roma sono stati 4 anni di vita personale, che coinvolgono amici e parenti. Quattro anni a quei livelli lì, con quella forza lì che ti entra dentro e ti corrode e ti porta via ogni altro pensiero quando te li dimentichi? Te li porti sempre con te. La Roma la seguo sempre. Mi sembra che nella nuova società ci siano persone che lavorano con coerenza. A me sembra ci siano persone che stanno lavorando e che lavorano con coerenza. Per cui poi è nel lungo tragitto che si possono fare valutazioni. Bisogna rispettare il modo di lavorare, dare la possibilità di lavorare e poi si vedrà. Mi sembra si sia lavorato bene sul mercato e che ci sia un’idea e un’espressione di gioco coerente. Spero che riescano nelle loro idee. E’ il tempo che fa le cose che contano, non è un risultato vinto o uno perso. La Roma ha fatto sei anni eccezionali, lo riconoscono tutti. Sono stato fortunato ad allenare la Roma. Io so il rapporto che ho e le emozioni che condivido col popolo romanista. Non sono quelle dette da voi, ma quelle che io vivo tutti i giorni. Quello che scrivono e dicono è la parziale verità o è la vostra verità, ma quelle che contano sono le mie, quelle che ho toccato con mano direttamente. Tornare a Roma? Ma questo non conta… Mi avete fatto diventare il Nerone di Roma! Ero diventato questo e ora si fanno questi discorsi qui, ma non contano. Conta quello che si è fatto, contano i risultati, conta il lavoro fatto. Lasciate lavorare Luis Enrique, che vuole fare un bel calcio e che i giocatori ne parlano bene. Si vede che vuole fare spettacolo, ma nel calcio contano i risultati. Imparato il russo? 3-4 parole! Ma tu pensi di venire qui e imparare in due anni il russo? Non vieni qui in vacanza, c’è da entrare nella psicologia dei giocatori, tentare di avere un rapporto e farsi apprezzare in un paese diverso, che ha anche delle metodologie diverse di lavoro e una cultura diversa in cui ci si deve inserire pianino pianino. Solo allora puoi tentare di dire che puoi metterci anche te qualcosa di giusto. Certo è dura perché la lingua non è il toscano. Come si sta a torso nudo a -10? Eh dipende come si sta fisicamente… Per me diventa facile, per Tonetto è sicuramente più difficile! L’ho visto giocare in torneo per 4 minuti. Però ora sa usare meglio il destro, ora lo appoggia per terra. Dubbi sulla permanenza di De Rossi? Dal punto di vista mio no, però poi non so cosa sia successo, non conosco situazioni ed equilibri. Vengono coinvolte varie sfaccettature che non posso sapere. Era scontato per me e l’ho detto più volte, ma si deve entrare bene dentro la causa e le cose le sa soltanto lui.
Maggior pregio e difetto di Tonetto e Panucci (presenti in studio n.d.r.)? Semplice, Panucci ha realizzato il 100% delle possibilità di cui disponeva, Tonetto il 50%. Basta vedere le squadre dove hanno giocato tutti e due e tutti e due avevano qualità eccezionali. Ci sono pochi giocatori che hanno giocato nelle squadre dove ha giocato Christian, inoltre non dimentico i 4-5 gol che ha fatto in Champions League per noi, tutti importntissimi. Senza contare che era anche in un periodo in cui magari stava anche calando fisicamente.  Lui ci voleva sempre essere e magari reagiva male ogni tanto, ma per personalità era importantissimo. Mi ricordo il primo Tonetto ad Empoli ed era imbarazzante per la grande qualità e la grande forza con cui faceva fase difensiva ed offensiva. Aveva potenzialità importanti”.
Panucci – Allenatore bravo sia coi giovani che con i top player
“Anche allenando campioni ci sono 3-4 situazioni riconoscibili a livello di squadra, senza andare a disturbare la qualità del campione. Se dovessi fare uno che comanda in società vorrei un allenatore che abbia la certezza di incidere sulla squadra, ma che sia convinto dell’importanza dei calciatori, visto che poi sono i calciatori bravi a vincere le partite. Questa è la sintesi di tutto. Ovviamente i calciatori sono più importanti, ma l’allenatore può dirti quelle 2-3 cose che portano grande vantaggio al calciatore. Ad esempio Zeman ti insegna che se non vai oltre la linea dei difensori non esiste calcio offensivo”.
Tonetto – Il gol che abbiamo fatto col Benfica rappresenta ‘la palla che paga’?
“Si chiamava ‘la palla lì’. Penso anche a Real Madrid Roma, in cui Panucci entra negli ultimi 5 minuti: la prima palla che stoppa, dieci metri oltre la metà campo, serve Vucinic che segna. Poi mi ha guardato per due minuti circa, come a dire ‘Hai visto? Di palle così ne potevo mettere 7-8′! A volte le sue reazioni sono state al di là, ma i calciatori le partite le vivono così. Questa reazione fu anche bellina da subire, magari quella di Napoli un po’ meno! Io dico solo che bisogna andare oltre la linea difensiva. Per fare gioco offensivo e dare noi bisogna mettere i palloni quando la linea difensiva non è giusta. La soluzione ai problemi è tutta lì. Francesco (Totti) quando gli arriva la palla trasversa (da bandierina a bandierina) le va incontro e di prima la mette dietro. A forza di farla in allenamento l’attaccante poi parte in anticipo mentre la palla scorre, corre sulla linea dei difensori e poi parte quando la palla arriva a Francesco. La differenza sull’arrivo della palla allora sono 5-6 metri.
Giocavamo bene? Qusto lo sapete fino a un certo punto. Io me li sono goduti anche in allenamento. Solo le sentinelle se lo sono goduto!”
Tonetto – Una volta in allenamento Totti ha fatto un gol più bello di quello di Genova…
“Me lo  ricordo benissimo. Sono stato un allenatore fortunato ad allenare la Roma. Panucci, ora voglio sentirti parlare”.
Panucci – Poche squadre portano in campo la domenica le cose provate in settimana
“Il gruppo siamo stati tutti bravi a crearlo piano piano. Quando sono arrivato un grande gruppo non era… Non conta tanto andare tutti d’accordo e andare a cena fuori, conta che tutti si giochi per lo stesso obiettivo. Noi andavamo anche d’accordo e voi eravate amici: io volevo stare nel vostro giro ma voi me lo impedivate!”.
Panucci – Ti ricordi quella cena in cui sei venuto con la bandana?
“Si stava anche nei giochetti che si fanno negli spogliatoi, ma poi da qualche parte sono stato anche escluso. Per l’allenatore il difficile è avere un buon rapporto anche avendo una squadra di livello che gioca per risultati importanti. E’ una cosa quasi impossibile, perché quando alleni una grande squadra diventa fondamentale più la gestione del rapporto. Non sono importanti i tantissimi allenamenti, i giocatori hanno bisogno anche dei propri spazi per recuparere, soprattutto in un ambiente come quello di Roma. Non è facile essere sempre sotto pressione e dover tutti i giorni essere sotto i riflessori. Anche questo è un dazio che si paga, è una fatica in più e l’allenatore deve comprendere anche questi momenti che da fuori sono valutati come privilegi e non come fatiche. Giustamente da fuori non si può riconoscere”.
Panucci – Come è il settore giovanile dello Zenit?
“Ci sono un po’ di difficoltà, anche se giocano un torneo a parte. Qui la città più vicina è Mosca e sono quasi 1000 chilometri. Trovare ragazzi e strutture… Ci sono difficoltà e qui c’è più interesse per gli sport invernali come l’hokey sul ghiaccio. Però lavoriamo, abbiamo preso un direttore olandese che ha ringiovanito la seconda squadra e sta proponendo giocatori che possono fare comodo anche a noi. Arshavin? Si ora ci mandano il 3 e il 6 in due trasferte diverse e sono molto contento… Il 2 farò una conferenzina… Guardatevela e vedrete! (ride) Ora salto Panucci e Tonetto, i terzini più forti della mia carriera! I colori societari dello Zenit? Il nostro è un blu elettrico, non un celestino”.

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