Spalletti, il veleno in coda: “Un dono. Ma un leader ha altre qualità”

La Stampa (G.Buccheri) – Una lunga, lunghissima attesa. Poi, le lacrime. Roma, la parte romanista, è pronta: sulla via di Trigoria, casa giallorossa, c’è la fila di striscioni e palloncini, scritte sui muri, fotografie dell’icona. L’Olimpico sarà esaurito e, dalle 20, poco prima, via alla festa (media e tifosi attesi da ogni parte del globo). Tutto molto bello ed intenso. E tutto molto legato ancora alle mosse di un allenatore, Luciano Spalletti, che fino all’ultimo deciderà se, e come, dare la scena a Totti. «Francesco giocherà», dice il tecnico. «E giocherà la parte più importante della partita. Attenzione al Genoa: perché sia vera festa, bisogna vincere e centrare il secondo posto. Altrimenti la festa ce la fa il Napoli…», così Spalletti. Tradotto: più il verdetto della partita con i liguri sarà in bilico, meno spazio avrà il Dieci giallorosso nel momento dell’addio al campo (almeno quello italiano).

LA LETTERA DI PALLOTTATotti, Spalletti e James Pallotta, il patron Usa della Roma. Il primo ammette, irrompendo in tv a Sky, che «passerò la notte (quella di ieri, ndr) senza dormire. A Spalletti, invece, il compito di giocare in difesa l’ultima conferenza romanista (entro 48 ore riparlerà alla stampa per annunciare l’addio visto che l’Inter lo aspetta) e di chiuderla senza veli e, quindi, senza l’incondizionato onore delle armi a Totti. «Sono un uomo fortunatissimo per aver avuto la possibilità di allenarlo: ho potuto vedere cose che solo lui poteva realizzare. Francesco – racconta il tecnico – è un dono che ci è stato fatto: qui gli vogliamo tutti bene, poi ogni tanto viene utilizzato per altri fini». Poi, il fiele: «Siamo qui a dover dire le stesse cose, che la Roma non ha vinto niente e dentro a questo ragionamento – continua Spallettic’è anche il comportamento di Totti. Ha molte qualità, ma in qualcuna deve fare delle conoscenze più approfondite perché essere capitano e leader di una squadra vuol dire donarsi qualche volta agli altri». Spalletti, anche nel giorno del saluto più grande, inserisce il freno a mano. «Tirò sei rigori e li sbagliò. Ma sui giornali si leggeva “il prossimo lo voglio ritirare io…”», ricorda l’allenatore, storia di dieci anni fa. E, Pallotta? «Non ci sarà mai un altro Totti. È la fine di un capitolo e l’inizio di una nuova era: la sua storia come una sceneggiatura di Hollywood», dice il patron in arrivo da Boston.

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