La Stampa – La leggenda dei jackpot che hanno sbancato la Snai

Il banco sbanca ma non paga. Beffa stramilionaria per i giocatori di Videolottery, le slot machine della Snai andate in tilt lunedì scorso per aver elargito valanghe di improbabili vincite. «Sospettiamo un attacco di hacker o un malfunzionamento del sistema», si difendono dalla concessionaria di Stato per i giochi e le scommesse, quasi tremila «macchinette» sparse in tutta Italia. «Chissenefrega dell’anomalia… Voglio i miei soldi belli in pila uno sull’altro. Sono pronto ad andare dal giudice», replica stizzito Giorgio Reggiani, fotografo in pensione che l’altro giorno a Verona ha centrato un jackpot da 485 mila euro che non sono proprio noccioline.

Il fatto è che come lui, negli stessi minuti – tra le 15 e le 16 di lunedì scorso – vincite stramilionarie sono avvenute a Ostia, Fermo, Macerata, Lanciano, tre volte di fila nella stessa agenzia di Porcari in provincia di Lucca e in altre 180 ricevitorie.
«Improbabile… Secondo un calcolo statistico il jackpot dovrebbe uscire ogni trenta o quaranta giorni. Se la frequenza è stata così alta, concentrata in una sola ora, non può che essere un errore. Oppure si è trattato di un attacco di pirati informatici che hanno pilotato le vincite», giurano gli esperti di fronte a questa dea bendata dalle mani bucate, che ha dispensato milioni come se piovesse, addirittura molto di più del tetto previsto dal regolamento di gioco.
I terminali sono tarati per non sforare il limite di vincita da 500 mila euro. Almeno in un caso sul biglietto vincente c’è scritto che la somma da pagare al fortunato – o beffato – scommettitore è di 9 milioni e 500 mila euro, 19 volte di più. Basterebbe questo a rendere nulla la scommessa. Il problema è farlo capire a a Emiliano, fruttivendolo quarantenne di Ostia, che non vuole ovviamente sentire ragioni: «Quello che mi è capitato è un miracolo. Dio mi ha messo una mano sulla testa. Ancora non ci credo… Prenderò quei soldi al mille per mille. La schedina l’ho già data a un notaio».
Tanta sicurezza rischia di frantumarsi con il rigido regolamento di Videolottery. Perchè le vincite siano considerate regolari ci vuole un doppio – se non triplo – via libera. Prima quello del terminale, poi dal cervellone dello Snai e infine dal ministero delle Finanze dove tutte le giocate e le estrazioni e le vincite sono registrate in tempo reale. Ma in molti casi non è sicuramente così. Le 180 macchinette andate in tilt nello stesso momento non hanno avuto identico comportamento: alcune hanno consegnato il tagliando con la vittoria certificata, altre con la dicitura «vincita da verificare», altre ancora niente di niente come è capitato nella ricevitoria di Verona.

Ma pure se ha in mano niente o quasi, Giorgio Reggiani non si arrende: «Si sono accese tutte le luci del terminale. E’ apparsa la scritta “Jackpot” con l’importo di 485 mila euro. Subito dopo è apparsa la frase “tentativo di riconnessione”. Ma io ho i testimoni e ci sono pure le telecamere della ricevitoria che hanno ripreso quel momento. E’ arrivata pure la Guardia di finanza». Difficile che possa bastare questo per incassare l’agognato gruzzolo. Ma la valanga di ricorsi contro la Snai in mezza Italia ha già convinto la procura di Lanciano in provincia di Chieti ad aprire un’inchiesta e a sequestrare la slot machine impazzita.
Snai – che sta ancora valutando le dimensioni del blackout e cercando di capire cosa abbia provocando l’anomalia di sistema – ha intanto disattivato tutti i terminali coinvolti e verificando la funzionalità del gioco. Procedure obbligatorie che tranquillizzano meno di niente i vincitori sparsi in mezza Italia che non vogliono sentire ragioni, sentendosi già milionari. In un bar di Porcari in provincia di Lucca le vincite sono state addirittura tre praticamente in contemporanea, un evento che va contro ogni statistica ma difficile da spiegare agli scommettitori persi nei loro sogni. Marco Bianchi, 27 anni, barista, stretto in mano il tagliando che certifica una vincita da 494 mila euro, è pronto a tutto: «Sono già andato dall’avvocato e mica mi fermo qui. Non ci sono giustificazioni possibili. Devono pagare tutto, fino all’ultimo centesimo».
La Stampa – Fabio Poletti

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