Il Messaggero – Radja si sfoga, Roma inquieta

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Mugugni e veleni, dentro Trigoria. Il miglior pari, come risultato (avvicina ai quarti di Europa League) più che come prestazione (decente per lo spirito), della serie stagionale di 15 su 37 gare, passa inevitabilmente in secondo piano per gli strascichi delle frasi di Nainggolan dopo l’1 a 1 contro la Fiorentina. È servito a poco il tweet riparatore di Radja, magari su input della società e dell’allenatore. Miele notturno per chiarire, precisare, annacquare e, perché no?, rettificare con quel «dando tutti più del cento per cento si ottengono risultati», smentendo che si trattasse del messaggio più o meno diretto a compagni poco propensi al sacrificio. E ad alcuni di loro, ieri pomeriggio, si è rivolto giustificandosi: «Parlo male l’italiano». Tutto inutile.

 

CACCIA AI LAVATIVI .-  C’è posta per tre. Il tam tam cittadino ha indicato i destinari: Gervinho, De Rossi e Totti. E, volendo pure. Garcia, come responsabile, di scelte non appropriate. Inequivocabile il discorso del centrocampista a caldo: «Se giochiamo in 11 è un conto. Solo così si può vedere la vera Roma. Se invece uno o due non danno il massimo, è un’altra storia.
Ma la mia non è una critica. È solo una constatazione. Gli attaccanti hanno fatto un grande lavoro anche in copertura, Iturbe è rientrato tantissimo, come Florenzi, Ljajic si è mosso benissimo tra le linee: ecco la differenza». Facendo i nomi dei promossi, tre del tridente, è come se avesse fatto anche quelli dei bocciati. Gervinho, appunto. E lo stesso Totti (non fa l’esterno, però). Gli attaccanti esclusi. E De Rossi che si arreso in corsa. Coinvolto, ovviamente, pure il tecnico che è debole quando c’è da scegliere chi mandare in campo. Dentro i big, dividendo il gruppo in figli e figliastri. Senza tener conto dei malumori che vengono comunque a galla. Perché non tutti accettano di correre per chi sta fermo. Nainggolan è stato esplicito. Così come Manolas, almeno due volte, non ha preso bene la voce grossa di De Sanctis in campo. Il giovane che si ribella al senatore. O Florenzi che, con semplicità e schiettezza, ha ammesso di essere confuso quando entra in campo. Da centrocampista è diventato prima ala e in seguito terzino. Mercoledì mattina, come se non bastasse, l’entrata dura di Yanga Mbiwa, durante la partitella, su Pjanic. Che, guarda caso, giovedì sera è partito in panchina.

FACCIA A FACCIA –  Come sempre accade in casi del genere, lievitano le voci, i pettegolezzi e i retroscena. E’ stato notato De Rossi chiedere spiegazioni a Nainggolan. Il primo, pur convinto della buonafede del compagno, lo avrebbe avvertito che la tifoseria difficilmente crederà alla sua seconda versione. Radja, tra l’altro, sarebbe finito anche in una conversazione, mai confermata dal club e dall’interessato, in cui, nel colloquio registrato, il giocatore avrebbe rivelato di essere l’unico a correre. Garcia, infastidito e deluso, sarebbe poi andato a chiedergli conto di quelle parole. Il francese, respirando l’aria pesantissima dello spogliatoio, si è convinto a lasciar fuori Gervinho, tornato dalla Coppa d’Africa senza fame e distratto. Ha giocato un quarto d’ora contro la Fiorentina. E’ bastato per rispendere male all’allenatore che gli chiedeva semplicemente di giocare più largo. «Stai calmo» gli ha urlato.

 

POCO RUDI – Spesso Keita, gesticolando platealmente, invita i compagni a muoversi per smarcarsi e ricevere palla. Il gruppo è statico da tempo. Garcia, in pubblico, ha cercato di responsabilizzare la squadra dopo il pari di Verona contro il Chievo. Ma il giorno seguente, a Coverciano, ha cambiato idea, spiegando di essere stato male interpretato. I giocatori non hanno gradito quelle parole sulla prestazione di domenica scorsa (e l’assenza di Rudi, nell’allenamento di lunedì pomeriggio, affidato al suo staff). Così alla vigilia della gara con la Fiorentina il francese ha inviato segnali di pace dentro lo spogliatoio. Dove tutti si impegnano e soprattutto lo seguono. A modo loro.

Il Messaggero – U. Trani

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