La Roma occupa un posto speciale nel cuore di Rosella Sensi, che ha vissuto il club da protagonista prima con il padre Franco, poi come presidentessa, e oggi come tifosa appassionata. In un’intervista a La Gazzetta dello Sport, Sensi ha ripercorso la sua lunga storia in giallorosso, commentando con occhio critico alcune delle scelte del passato e con speranza quelle attuali. Ecco le sue parole:
Sta continuando a seguire le orme di suo padre, come con la Roma di cui è stata prima ad, poi – dal 2008 al 2011 – presidente.
“Mio padre mi ha insegnato tutto. O meglio, mio padre e mia madre mi hanno insegnato tutto e lo hanno fatto soprattutto con l’esempio, anche se in modo diverso: papà trasmetteva determinazione, entusiasmo, voglia di fare, costanza nel raggiungere un obiettivo, mia madre sapeva riportarci con i piedi per terra. Spero siano contenti di me”.
Lei sembra preferire fare più che apparire.
“È vero, ma non è sempre un pregio, soprattutto in un mondo che vive di apparenza. Se mi devo rimproverare qualcosa degli anni da presidente è non aver saputo comunicare le cose nel modo giusto”.
Si riferisce alla fine della gestione Sensi?
“Era un momento difficile, lasciare era doveroso, ma mi dispiace che l’epilogo sia stato fatto in quel modo, probabilmente avrei dovuto spiegare meglio la situazione: sono state scritte tante cose sbagliate, che io non volevo quello, che non volevo quell’altro… Quello che posso dire è che a volte, quando si vivono dall’interno certe situazioni, le decisioni che prendi o che ti fanno prendere sono dettate da tanti fattori, spiegarle avrebbe forse creato meno astio. Per fortuna con i tifosi, dopo un primo periodo molto difficile perché come famiglia, e io in particolare, sembravamo essere il male della Roma, ho di nuovo un rapporto eccezionale, molto nel ricordo di papà, ma posso dire che anche verso di me c’è un affetto che mi commuove”.
Allora parliamo di grandi emozioni.
“La più grande, scontato dirlo, l’ho provata al fischio finale della partita che il 17 giugno 2001 ci ha consegnato lo scudetto: all’invasione di campo ho visto la faccia di papà e ho corso per stargli vicino, da una parte ero fuori di me dalla gioia, dall’altra terrorizzata dal caos… Ma vi racconto un altro momento emozionante, brutto per la Roma, ma bellissimo per me a livello umano: era la stagione dei 5 allenatori, 2004-05, dopo la vittoria a Bergamo che valeva la salvezza c’è stato un abbraccio con Bruno Conti, che ci aveva aiutato tanto prendendo la squadra in corsa, e gli altri dirigenti che ha creato dei legami che durano ancora”.
Ricorda momenti di rabbia?
“Soprattutto vedendo il dolore di papà per le contestazioni, perché per lui fino all’ultimo giorno, nonostante fosse in terapia intensiva, la Roma era la prima preoccupazione. Quanto a me, 25 giorni dopo aver avuto mia figlia ho cominciato a ricevere minacce di morte importanti: avevo paura, per mio marito e soprattutto per mia figlia”.
Anche Pallotta l’ha fatta un po’ arrabbiare…
“Non infierirò perché non mi piace farlo su chi non c’è più. Purtroppo ha fatto parte della storia della Roma per un certo periodo, la rabbia non è tanto per la famiglia Sensi, perché la storia non la cancella nessuno, quanto per quello che è stato fatto all’interno della società. Che cosa? Scelte secondo me improprie, dettate probabilmente anche dalla lontananza di un presidente che magari aveva lasciato dei manager che non erano del tutto capaci di fare quello che dovevano. E poi c’è la storia della Cappella di Trigoria trasformata in un magazzino: mia madre ha pianto, non lo faceva mai”.
Di recente ha fatto un post per i 49 anni di Totti.
“Ci sentiamo molto poco rispetto a prima, ma l’affetto è sempre grande. Io continuo a chiamarlo fratellone, perché lui resta il leader, anche se è più piccolo di me…”.
Torniamo al presente. La Roma di Gasperini è prima in classifica.
“Guardi, io sono molto scaramantica e non mi piace fare proclami, però quando si vince bene, quando si vince un derby e si dà entusiasmo alla squadra e ai tifosi, è giusto rendere merito agli artefici di questi successi, compresa la società di cui, lo sottolineo, fa parte anche Ranieri, una scelta importante in una struttura che è fatta di manager importanti”.
Suo padre è stato un presidente molto presente, ci ha sempre messo la faccia: i Friedkin non dicono una parola.
“È stata una scelta chiara, fatta dal presidente già dall’inizio. E poi il calcio è cambiato, spero non imploda, come ho sentito dire da qualcuno, e che questi investitori stranieri possano far crescere il nostro campionato, lo merita. Certo, il tifoso romanista aspetta sempre una parola del presidente, ma non gli possiamo rimproverare nulla”.
Contenta per il nuovo stadio?
“È importante per il calcio italiano, quindi anche per la Roma. Da Viola in poi tutti i presidenti erano consapevoli di quale rilievo potesse avere un impianto di proprietà, noi ci siamo anche andati vicini, ma oggi è diventato fondamentale”.
Su Instagram ha fatto un post per l’elezione di Kirsty Coventry alla presidenza del Cio.
“A livello dirigenziale come donne nello sport siamo un po’ indietro, ma non vorrei farne una questione di genere. È più una questione di abitudine, il mondo si deve abituare ad avere donne in ruoli importanti senza che appaia un’anomalia e riconoscendone il merito, non in quanto donna ma come professionista”.