Roma, rimonta e follia

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Il Corriere della Sera (L. Valdiserri) – La Roma non resiste a se stessa, a chi l’ha costruita come se il calcio fosse soltanto la fase offensiva e non anche quella difensiva, all’orripilante arbitro Kassai e, a dovuta distanza, al Bayer Leverkusen che è una Roma al quadrato negli errori ma almeno costa infinitamente meno. Da 0-2 a 4-2 a 4-4: c’è tutto, c’è troppo.

C’è una squadra che non sa gestire il vantaggio, ma anche un gruppo che non ha difensori davvero validi salvo Manolas e il convalescente Castan, che infatti ieri era in panchina. Non può fare tutto Pjanic, il Gianni Rivera dei giorni nostri, che ha illuminato la partita di luce propria: due assist, la solita punizione telecomandata all’incrocio dei pali, palloni buoni per tutti i compagni come la verticalizzazione che poi Gervinho chiude con l’assist per Iago Falque al 27’ della ripresa.

Era il 4-2. Era la qualificazione in tasca dopo aver mondato i peccati di Borisov. Era un trampolino per pensare in grande anche se i limiti di questa squadra sono evidenti e andranno curati (ma da chi?) con una campagna acquisti importante a gennaio. Resta un punto che lascia la Roma nel limbo, Garcia a una sola partita vinta su 9 nella carriera giallorossa (17 settembre 2014, 5-1 al Cska Mosca) e i tifosi a domandarsi come sia possibile creare così tanto ma anche concedere così tanto.

I giallorossi sono ancora aggrappati con le unghie alla Champions League, ma sono anche ancora ultimi nel girone. Il primo simbolo di una partita matta, qualcosa tipo Zeman contro Zeman, è Daniele De Rossi. Prima non riesce ad arginare le folate del Bayer, anche se altri romanisti sbagliano molto più di lui in occasione dei due gol che, in 19’, sembravano aver chiuso la Champions giallorossa dopo sole tre gare. Poi si traveste da centravanti: il primo gol su corner (bravo Manolas a fare la torre), il secondo correggendo di coscia una palla liftata di Pjanic.

Il secondo è, suo malgrado, Dzeko: resta in panchina fino al 4-3 ed entra, per Gervinho, sessanta secondi prima che il Bayer pareggi una partita già persa. Cambio per cambio, con i tedeschi tutti in avanti, serviva più Castan.
Raccontare una partita così non è facile. La Roma ha sbagliato tutto all’inizio, quando va nel pallone anche il sopravvalutato arbitro Kassai, che è nella posizione giusta per valutare il fallo di mano di Torosidis (netto ma involontario) e lo fa, ma poi diventa Ponzio Pilato e dà retta all’arbitro di porta piazzato peggio di lui. E sbaglia ancora, non aiutato dal guardalinee, quando non vede un clamoroso fallo di Papadopoulos su Gervinho (chiara occasione da gol) e lo grazia del cartellino rosso.

Detto degli errori dell’arbitro, restano quelli della Roma nel finale di gara. Prendere due gol in tre minuti non è da grande squadra, anche perché il Bayer è un’avversaria fisica e piena di entusiasmo ma con una fase difensiva da Lega Pro e un solo grande giocatore, Calhanoglu. La Roma si è fatta schiacciare negli ultimi venti metri e sono venuti il 3-4 (Szczesny legge male la traiettoria di Kampl) e il 4-4 (Torosidis viene doppiato in velocità, Digne non chiude su Mehmedi).

Uno spreco incredibile, che può costare l’eliminazione. Non è detto che basti superare il Bayer, tra due settimane, all’Olimpico. All’ultima giornata bisognerà chiedere un favore al Barcellona, che verrà a Leverkusen già qualificato e, magari, con la voglia di gestire una rosa carica di infortunati e molto smilza. E pensare che la Roma — verrebbe da dire: Pjanic — aveva il destino nelle proprie mani.

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