Il Messaggero – Poche gioie e tanti flop

L’avventura comincia male e finisce peggio. Pochi squilli, tanti flop. E addio con amarezze, rimpianti e una certa sensazione di fallimento. Senza dover necessariamente ricordare cheLuis Enrique sia una brava persona, dai sani principi, al quale giocatori e dirigenti hanno voluto e vogliono bene, a distanza di quasi un anno dal suo arrivo, si può sostenere che sono più i picchi negativi che quelli positivi della sua Roma.
I due derby persi, l’eliminazione precoce in Europa League, non contro il Real ma con lo Slovan di Bratislava (sì, lo Slovan di Bratislava), il mucchione di gol presi in varie (inaspettate) occasioni come contro Atalanta, Lecce e Cagliari (sì, Atalanta, Lecce, Cagliari), più la doppia caduta rovinosa a Torino contro la Juventus, in coppa Italia e in campionato. Per non parlare poi dei sei punti lasciati a Fiorentina e Cagliari, i quattro al Siena e tre al Genoa, per fare qualche altro esempio. Uno score che resterà agli atti nei siti e nei vari album della Panini. E la Roma, di fatto, non è quasi mai stata realmente in corsa per i primi tre posti.
Tutto doveva cambiare e nulla è cambiato con Luis. Da un punto di vista disciplinare, il codice etico è andato a farsi benedire: 79 gli ammoniti, 10 i rossi, seconda in questo solo al Genoa. Per non parlare poi, delle auto espulsioni di Osvaldo (Firenze) e di De Rossi (Bergamo).
Discutibili alcune scelte tattiche. La prima, in ordine cronologico, Borrielloattaccante esterno, poi Perrotta terzino destro a Milano contro l’Inter, le varie esclusioni in Europa di Totti per mandare in campo Okaka, Verre e Caprari e in seguito addirittura Cicinho. Intuizioni? Qualcuna. De Rossi centrale è una bella intuizione, ad esempio, ma parliamo di De Rossi, poi Luis ha valorizzato Borini, ecco questo sì, e nessuno o pochi sapevano (o pensavano) che fosse così bravo. Di contro: José Angel è peggiorato nel tempo, Heinze è andato incontro a molte brutte figure, così come Juan e Stekelenburg, Rosi non è cresciuto, Bojan ha fatto poco, Perrotta è stato messo ai margini, Cassetti è sparito subito senza meritarsi una convocazione nemmeno nell’ultima all’Olimpico. Discutibile anche la gestione dei giovani. Un esempio su tutti: Verre impiegato in Europa League, poi mai più convocato.
Cosa ha funzionato, invece? Semplice: nonostante il settimo (ottavo, dipenderà da Cesena-Roma) posto e i numeri negativi, i giocatori restano legati a lui e oggi sono dispiaciuti. Ma tutti sono stati coinvolti dalla grande illusione dopo Napoli-Roma, Bologna-Roma, Inter-Roma. Illusi non soltanto loro.
Il Messaggero – Alessandro Angeloni 

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