Corriere della Sera – Roma all’italiana? No, alla Lucho

Luis Enrique «l’italianizzato» è l’allenatore che ha schierato tre attaccanti (Osvaldo, Lamela e Totti) più un trequartista (Pjanic) contro la Juve. Ed è l’allenatore che, sopra 2-0 a Napoli, dove in questa stagione hanno perso Milan e Manchester City, ha sostituito Lamela con Bojan e non con un centrocampista. Detto che ogni opinione è lecita, esistono i fatti, che contano più delle parole.
Un’altra leggenda metropolitana è che Luis Enrique, nel momento della difficoltà, si è affidato alla «vecchia guardia» non facendo più giocare i giovani. Su questo punto l’allenatore asturiano è stato chiarissimo fin dal primo giorno. Ha detto: non guarderò mai la carta d’identità dei miei giocatori, ma il loro rendimento in allenamento e in campo. E così ha fatto. Chi adesso tra i giovani gioca meno (José Angel) è perché ha avuto un calo di rendimento, non perché serve la non misurabile variabile dell’esperienza, che agli occhi di molti quando vinci diventa utile e quando perdi diventa insopportabile vecchiaia.
È un fatto e non un’opinione anche che Luis Enrique, da quando l’ha avuto a disposizione, cioè dal 23 ottobre scorso, ha utilizzato con continuità Erik Lamela (prima bloccato da un grave infortunio alla caviglia, eredità del Mondiale under 20 con l’Argentina e di un trattamento assai poco professionale da parte dello staff medico albiceleste.

Ci sono soltanto due giocatori classe 1992 in tutta la serie A che hanno giocato più minuti dell’argentino (687): sono Alexander Merkel del Genoa (748) e Afryiye Acquah del Palermo (702). Tutti e due sono prodotti di vivai italiani (Merkel è di proprietà del Milan) e perciò non dovevano affrontare lingua, abitudini e ambiente diverso da quello cui erano abituati. Altri prodotti del 1992 hanno giocato ben poco in campionato: Coutinho (Inter) 228 minuti, El Shaarawi (Milan) 184 e Castaignos (Inter) 148.
Lamela ha giocato alla grande contro il Napoli, ma già contro la Juventus era stato decisivo: si era procurato il rigore poi sbagliato da Totti e aveva costruito la più bella azione della gara, al 90′, mangiandosi il campo da un’area all’altra prima di scaricare un assist ancora per Totti, vanificato da un salvataggio alla disperata di Chiellini. Contro il Napoli, Lamela ha giocato 72′ (35 palloni, 18 passaggi riusciti, 4 giocate utili, 5 palloni giocati in zona area, un tiro che ha colpito il palo, il cross che si è trasformato nell’1-0). Una prova da veterano, ma a 19 anni.
Italianizzarsi non è una colpa, così come non lo è giocare all’italiana. Ci sembra però una novità rinunciare a portare la squadra in trasferta un giorno prima. Luis Enrique ha preferito viaggiare a Napoli la mattina della gara: avesse perso, l’avrebbero fatto tornare subito spagnolo.
In molti, poi, avevano sorriso per la presenza di un mental coach, Antonio «Tonin» Llorente. È quello che domenica sera è stato espulso da Celi (che era quarto uomo in Roma-Juve e già lo aveva redarguito per l’esuberanza in panchina). Llorente si è preso un’ammonizione con diffida, più una multa di 2.000 euro dal Giudice sportivo. «Ma la partita va vissuta in maniera molto calda — ha detto —, altrimenti facciamo meglio a stare a casa. Però devo fare più attenzione, ho protestato per un fallo fischiato dall’arbitro. Ma è più importante il lavoro dei giocatori rispetto al mio».
Il suo è stato un segnale dato al gruppo, che lo ha recepito lottando su tutti i palloni.
Corriere della Sera – Luca Valdiserri

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