Roma, il teatro dell’assurdo

Pagine Romaniste (F.Sereni) – Errare humanum est, perseverare autem diabolicum. È racchiusa in questa proposizione la sintesi della partita andata in scena ieri sera allo Stadio Olimpico. Fare errori è umano, ma perseverare è diabolico. Come a dire, sembra quasi sia fatto di proposito. Ciò che è stato trasmesso ieri sembrava una rappresentazione del teatro dell’assurdo, pareva che la struttura tradizionale di ogni partita fosse stata rigettata per dar spazio ad una successione di eventi privi di logica apparente, legati tra loro da una labile ed effimera traccia: la mediocrità. I giallorossi erano chiamati a rispondere, reagire, mandare segnali dopo l’ennesima figura barbina contro una squadra di alta classifica.

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Invece dopo 15 minuti la squadra si trova sotto di due gol complice l’atteggiamento superficiale, remissivo. Gli undici scesi sul terreno di gioco appaiono spenti, rattristati, abbattuti. Poi d’un tratto l’illusione della rimonta. La Roma comincia a giocare, prova ad imbastire trame di gioco. Crea molte occasioni, le sfuma e con coraggio, e anche con qualche rischio, tenta di riprendere la sfida in modo confusionario. Il rigore procurato e trasformato da Pellegrini dona linfa vitale agli uomini di Fonseca che alla fine del primo tempo potrebbero trovare la via del pareggio che arriva solamente al 73’ con Mkhitaryan. Mayoral a quel punto decide di far ripensare i suoi tifosi sul proprio fiuto del gol divorando due occasioni enormi di fronte al portiere ligure. Ciò permette alle due squadre di arrivare ai supplementari.

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Da qui in poi succede di tutto. Si entra in scena con il teatro di Samuel Beckett e di Jean Tardieu. Il copione racconta di due espulsioni nel giro di 30 secondi, prima di Mancini che, con un’entrata fallosa quanto gratuita a centrocampo, lascia inspiegabilmente i suoi in 10, infine di Pau Lopez che abbatte l’attaccante lasciato solo sul successivo calcio di punizione. Ma non finisce qui. Perché a quel punto il portoghese, ignaro probabilmente del regolamento, decide di inserire oltre al portiere Fuzato anche Ibanez per ridimensionare la squadra col 431. Peccato sia sfuggito un particolare all’allenatore: con la sostituzione di Ibanez si trattava del sesto cambio, non permesso in Coppa Italia.

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L’assurdo sta nel fatto che il capitano aveva comunicato alla panchina l’inconveniente per poi essere rassicurato sulla fattibilità del cambio. A quel punto la partita è sostanzialmente finita, la vittoria dello Spezia è certa. L’ennesimo 0-3 a tavolino. Un incubo rivenuto alla memoria dopo il recentissimo caso Diawara in quel Verona-Roma oramai divenuto famoso. Lì ci fu una svista per l’inserimento del centrocampista nella lista, poi consegnata alla Lega, degli Under 22. È vero, il danno che era stato commesso era “in buona fede”. Ora come verrà giustificata questa malefatta?

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