Il Tempo – Sia il buon senso e non la “piazza” a guidare il club

Guardare avanti. Lo impone una realtà alla quale la Roma è costretta a guardare per delineare un futuro tuttora carico di ombre e di interrogativi. Poco tempo per riflettere sulle occasioni buttate al vento in un campionato che finirà per regalare i preliminari di Champions a prezzi di liquidazione, basterà una classifica non esaltante, dopo che i protagonisti della rincorsa al terzo posto hanno fatto di tutto per suicidarsi. Le grandi speranze suscitate dalla squadra prima che intervenisse la sosta invernale a riproporre dubbi e angosce, se ne vanno come i bei sogni al risveglio. Si apre la caccia ai colpevoli, per individuare i quali, o almeno i livelli di responsabilità, servirebbe una giuria qualificata, non i rubagalline votati a ritagliarsi un improbabile squarcio di visibilità, pretendendo di esprimere verdetti.

Si sono ascoltate, in questi giorni, tante voci che invocano perfino l’allontanamento di Franco Baldini. Dimenticano, questi apprendisti stregoni, di quante società di alto livello ne invocavano l’addio all’Inghilterra per un ritorno al calcio italiano, eccezione la Juventus per atavici, reciproci rancori. Ora Baldini, che ha chiamato al suo fianco un direttore sportivo della statura di Walter Sabatini, sembra diventato un dilettante allo sbaraglio, forse per l’appoggio offerto al tecnico liberamente scelto. Non è l’umore della piazza che dovrebbe indirizzare certe decisioni, il tifoso si limiti al suo ruolo istituzionale: libero il dissenso, non la contestazione sguaiata, come se le immagini di Genova avessero reso insensibili i curvaroli di casa nostra. Non so che cosa deciderà Luis Enrique, che umanamente si è comunque guadagnato il massimo rispetto, ma sarebbe insensato pensare a sostituirlo a quattro turni dalla fine, quando il traguardo dell’Europa minore è ancora possibile. A patto di sfuggire a quelle vacanze mentali che hanno compromesso quel poco che era stato prodotto, puntualmente fallendo gli appuntamenti fondamentali. Ci si è messa di mezzo anche l’incipiente primavera che ha prodotto cali impensabili, Luis Enrique ha sbagliato spesso scelte e cambi, ma non è colpa sua se Pjanic non sta in piedi, se Osvaldo va fuori di testa, se i cosidetti difensori non riescono a esimersi dall’incorrere in castronerie terrificanti. Meglio attendere l’estate, sedersi a un tavolo, ascoltare le richieste del tecnico, sempre che rimanga, delineare strategie di mercato capaci di evitare una seconda annata di transizione.

Il Tempo – Gianfranco Giubilo

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