L’equazione di Silvio Berlusconi va proprio riscritta. La differenza tra una squadra i cui calciatori guadagnano circa 98 milioni lordi (la Roma) e un’altra che arriva ad appena 11 (l’Empoli) viene certificata solo al secondo supplementare grazie a un rigore fasullo assegnato per un presunto fallo di Zielinski su Paredes, dopo l’1-1 del 90’ nato dalle reti del redivivo Iturbe – non segnava dal 5 ottobre – e dell’ottimo Verdi. Ai quarti di Coppa Italia passano quindi per 2-1 i giallorossi tra i fischi, con una notazione di passaggio: se il provvedimento del Casms era quello di vietare l’ingresso agli ultrà della Sud dopo i fatti nel derby, si sappia che hanno semplicemente traslocato di pochi metri in Distinti e Tevere con tanto di striscione. Perfetto, no?
TURNOVER ROVESCIATO Tornando al match, il paradosso è che a fare il turnover più spinto è proprio la squadra con la panchina più corta, ovvero l’Empoli, che in partenza rinuncia ai talentuosi Sepe, Rugani, Valdifiori e Pucciarelli per dare spazio dietro a chi ha giocato meno e in avanti al nuovo acquisto Saponara, chiamato a innescare un tandem d’esperienza composto da Maccarone e Tavano. La Roma invece schiera l’artiglieria pesante in tutti i reparti, rispolverando dall’inizio Cole – che presto lascia spazio a Holebas per un botta alla mandibola e viene portato in ospedale per accertamenti – e non tenendo a riposo neppure Maicon e Pjanic, utili per lanciare tre attaccanti puri come Iturbe, Destro e Totti. Il capitano giallorosso, però, stavolta torna alle origini e si piazza in posizione da trequartista per dare vita a un 4- 3-1-2 praticamente speculare a quello dei toscani, con De Rossi destinato a camminare sulle zolle di Saponara come Signorelli fa con Totti, mentre in mediana se la vedono spesso lo straripante Nainggolan con Laxalt, mentre Vecino incrocia le traiettorie di Pjanic. La differenza la fa la tempistica del pressing alto, che la Roma innesca per quasi tutto il primo tempo e l’Empoli per parte della ripresa.
La Gazzetta dello Sport – M. Cecchini