Roma bocciata a tutti gli esami

Corriere dello Sport (R.Maida) – E’ stato scaltro a rianimare la Roma, quando rischiava di affogare tra i vortici di un fiume impazzito a metà del guado, senza sapere dove nuotare. Ma quando ha dovuto chiederle l’ultima bracciata per arrivare sulla darsena si è sentito respinto, come se i suoi comandi non venissero mai recepiti compiutamente. Alla vigilia del derby chiedeva di aprire la porta del paradiso, Luciano Spalletti, ma ancora una volta si è fermato nel limbo, per restare in ambito dantesco, seguendo il cartello sbagliato al girone decisivo. La stagione non si è conclusa, dice l’allenatore, che chiede di rinviare il bilancio definitivo. Ma se non si è conclusa è peggio per la Roma, che è costretta a una lotta ferina per conquistare il secondo posto. Vitale per la sopravvivenza aziendale, più che per l’ascesa tra i beati.

PORTO – No, la stagione non si è conclusa. Ma sta scivolando nell’ordinario andirivieni di un’équipe di lavoro che raramente ha trovato continuità di risultati. A cominciare dal mese di agosto quando la nave Roma, in cerca di un porto sicuro, ha sbattuto contro il Porto vero. Ciao Champions League, addio a 40 milioni. «E’ una sconfitta che ci può spezzare in due» ammise all’epoca Spalletti, che forse in cuor suo aveva già capito, al di là delle dichiarazioni ufficiali, come non sarebbe stata un’annata semplice. E’ più facile ribaltare che costruire, se devi fare sempre affidamento sulle idee e non sul portafoglio.

SCUDETTO – I difetti di personalità, di lucidità, di autocontrollo, uniti ai limiti qualitativi di un organico striminzito, si sono ciclicamente ripetuti nei giorni di svolta. Non è stata solo colpa di Spalletti se la Roma ha perso lo scontro diretto a Torino contro la Juventus, che vince quasi sempre. Ma rimane ancora misteriosa, a 5 mesi di distanza, la decisione di schierare Gerson esterno d’attacco: dal 17 dicembre che sancì il +7 in classifica, questo ragazzino brasiliano di 19 anni e da 19 milioni non ha più giocato nemmeno un minuto tra campionato, Champions e Coppa Italia, come se dovesse pagare lo scotto di essere stato scelto nella notte sbagliata.

SU E GIÙ – Di buono c’è che la Roma, in linea di massima, ha spesso reagito alle sconfitte. Il problema però sta nel fatto che altrettanto spesso ha saputo gestire male le vittorie, come contro la Sampdoria a Genova, dove era in vantaggio 2-1 a metà del secondo tempo e ancora in scia della Juve: perdendo 3-2, pure a causa di un rigore negato a Dzeko, più perché Spalletti aveva toccato una difesa che funzionava per rilanciare Vermaelen, la squadra ha perso gli ultimi pulviscoli della cometa scudetto. E si era solo a gennaio. Eppure questo non era ancora niente, se paragonato alla settimana che ha rovinato la stagione nel mese successivo.

COPPE FLOP – Qui Spalletti era stato buon profeta: compratemi i rinforzi, aveva chiesto ai dirigenti e anche in sala stampa, perché non siamo abbastanza equipaggiati per tuffarci nel periodo dei tanti impegni ravvicinati. La Roma, nel circolo vizioso della Champions mancata che ha tolto soldi per il mercato, a gennaio non ha potuto accontentarlo (a parte Grenier: 112 minuti complessivi). Ed è successo quanto l’allenatore aveva previsto. Senza gambe e senza alternative, la squadra ha buttato via in pochi giorni la Coppa Italia e l’Europa League, con i dolori di un derby brutto come quello di ieri e con l’imbarcata del secondo tempo di Lione. Nel frattempo, la Roma aveva anche rimesso in gioco il Napoli per il secondo posto facendosi battere all’Olimpico nello scontro diretto. Tre partite decisive, tre sconfitte.

RAFFRONTI – Poi è anche vero che la Roma qualche partita importante l’ha portata a casa: il derby d’andata, le sfide del San Paolo e di San Siro contro Napoli e Inter, il blitz brandizzato Dzeko a Villarreal. Però non è servito a riempire il serbatoio per puntare al famoso “titolo”. Spalletti, che adesso è un po’ più lontano da Trigoria, chiude beffardamente il bilancio stagionale dei derby con due vinte e due perse. Ma è come se avesse preso tre pugni e una carezza. Il suo predecessore Garcia, di cui avrebbe dovuto annientare il ricordo, in due anni e mezzo contro la Lazio era rimasto imbattuto (3 vittorie, 2 pareggi). E aveva lasciato la Roma negli ottavi di Champions League che Spalletti, contro i futuri campioni d’Europa del Real Madrid, ha dovuto abbandonare senza mai davvero parteciparvi.

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