Roma, attacco chic. Il futuro è il 4-2-4 senza centravanti

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La Gazzetta dello Sport (A. Pugliese) – Quarantaquattro gol in 18 partite, alla media di 2.44 a gara. Numeri di una Roma eccezionale, quella plasmata in quattro mesi da Luciano Spalletti, una squadra che nel ritorno ha portato a casa la bellezza di 43 punti su 54. Ed il bello è che il tutto è arrivato senza centravanti o quasi, visto l’utilizzo con il con­tagocce di Dzeko da parte del tecnico giallorosso. Da quando c’è lui sulla panchina gialloros­sa il bosniaco è partito infatti ti­tolare solo in 7 occasioni, 8 se si valuta anche la Champions Le­ague. Subentrando invece 8 volte (9 compresa l’andata con il Real). Il che finisce col porre un quesito importante: ma que­sta Roma per il suo futuro ha bi­sogno di un centravanti o no?

IL MODULO – Detto che il centra­vanti è solitamente fondamen­tale un po’ in tutte le squadre che ambiscono a vincere qualcosa, la Roma di Spalletti negli ultimi due mesi ha virato pe­santemente verso un modulo che di fatto non lo prevede: il 4-­2-­4, costruito con due esterni veloci (Salah ed El Shaarawy) capaci di puntare l’uomo e crea­re superiorità numerica, un giocatore aggressivo come Nainggolan che toglie fiato ed idee ai primi portatori di palla avversari e un altro (Perotti) che gli gioca leggermente dietro, sfalsato come posizione, per andare poi ad inventare cal­cio in quel lembo di campo tra il mediano e il centrale avversa­rio. Un modulo che Spalletti ha iniziato a conoscere quando era ancora giocatore ma studiava già da allenatore. Successe con Giampiero Ventura, che il tecni­co della Roma ebbe all’Entella e allo Spezia circa venti anni fa e che considera, di fatto, come uno dei suoi veri maestri.

LE CERTEZZE – Il 4-­2-­4 Spalletti l’ha utilizzato per la prima volta nel derby, contro la Lazio, per poi riproporlo contro Bologna, Napoli, Genoa e Chievo. Di fat­to in 5 delle ultime 7 partite (ad eccezione delle sfide con l’Ata­lanta e con il Torino), a confer­ma di un’idea che pian piano è diventata di fatto una certezza. Con quel modulo lì è sostanzialmente impossibile mettere un centravanti, perché i due giocatori centrali devono esse­re mobili e dinamici. Non serve, insomma, una punta statica, un riferimento. Anzi, meno riferi­menti ci sono meglio è. Perché poi ad andare dentro può esse­re dalle retrovie anche uno dei due centrocampisti centrali, nello specifico più Pjanic di Strootman, De Rossi o Keita, più dediti alla cura dei bilancia­ menti difensivi. Tutto questo, forse, è un motivo in più che al­lontana Dzeko da Roma.

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