Il Romanista – Un capoverdiano a Roma?

La prima cosa che notiamo quando sbirciamo il curriculum vitae del difensore del Porto Rolando è il suo luogo di nascita, São Vicente, a Capo Verde, un arcipelago di dieci isole di origine vulcanica nell’Oceano Atlantico a cinquecento chilometri dalle coste del Senegal. E proprio il promontorio più occidentale di questa nazione, detto Cap-Vert, ha dato il nome all’arcipelago, scoperto nel 1456 da Antonio e Bartolomeo da Noli, due navigatori nolesi al servizio del Portogallo che sbarcarono su queste isole per poi definirle ufficialmente come terre disabitate.

La curiosità sul luogo di nascita di Rolando ci è sorta per il fatto che nessun giocatore della Roma, finora, è mai provenuto da quelle isole, dunque il suo arrivo porterebbe certamente un tocco di esotismo all’interno della squadra giallorossa, come quelle treccioline che si scorgono dietro al collo nella foto della Panini per Euro 2012. I suoi natali capoverdiani, ovviamente, non gli hanno impedito di essere naturalizzato come portoghese, visto che quelle isole sono state sempre una colonia lusitana.

Dunque, ad oggi, Rolando va considerato come cittadino comunitario e, a ventisette anni ancora da compiere (è nato il 31 agosto del 1985), può essere sicuramente considerato uno dei migliori difensori centrali del nostro continente. Abilissimo nel gioco aereo, bravo di piede, ha iniziato a giocare a pallone sulle sue isole con la Campomaiorense nel 2000, quando aveva quindici anni. Le grandi doti fisiche regalategli da madre natura e l’abilità nel trattare la palla lo aiutarono subito a mettersi in mostra, finendo inevitabilmente sul taccuino degli osservatori in loco delle squadre portoghesi. Fu così che finì al Belenenses (una delle società di Lisbona) e dopo una stagione vissuta nelle formazioni giovanili, nel 2004 passò in prima squadra, per poi non lasciarla più fino al 2008, l’anno in cui fu acquistato dal Porto.

Nelle quattro stagioni a Lisbona mise insieme 99 partite e 7 reti. Non poche per un difensore centrale e spesso arrivate grazie alla sua poderosa elevazione in occasione dei calci piazzati. Dote che ha ovviamente messo in mostra anche nel Porto, con il quale finora ha realizzato 6 gol in 95 partite di campionato, in cui si è guadagnato l’ammirazione generale diventando il leader della difesa dei dragoni e il nuovo idolo dei tifosi dopo l’addio di un mito come Bruno Alves, passato nel 2010 allo Zenit San Pietroburgo. La carriera nel Porto di Rolando è chiaramente coincisa con il recente periodo d’oro della squadra che, anche grazie a lui, dopo il suo arrivo, ha vinto tre campionati e altrettante Coppe e Supercoppe di Portogallo e una Europa League (2010-11) nella finale tutta portoghese contro lo Sporting Braga. In questo periodo il mentore principale di Rolando è stato André Villas Boas, il giovane allievo di Mourinho che si è affermato nel Porto e ha fallito al Chelsea, dove accanto a Terry non ha potuto contare sulle qualità di un altro forte difensore centrale come il capoverdiano, che con la maglia della nazionale ha collezionato 7 presenze nell’Under 21 e 12 in quella maggiore, con la quale sarà protagonista degli ormai imminenti campionati europei in Polonia e Ucraina.

LA CURIOSITÀ – Sempre con il numero 14 di Bojan e Cruijff

Rolando indossa abitualmente il numero 14 sia nel Porto sia in nazionale. Lo stesso che Bojan ha voluto prendere nella Roma dichiarando di averlo scelto in omaggio al suo amico Thierry Henry e al mitico Johan Cruijff. Se il capoverdiano dovesse arrivare in giallorosso e lo spagnolo rimanere, dunque, dovrebbero trovare un accordo. Nel calcio il 14 è divenuto ricercatissimo proprio grazie a Cruijff, che lo indossò in anni in cui la numerazione andava rigorosamente dall’1 all’11, con ogni numero che indicava un ruolo preciso. Molti pensano che questa scelta sia dipesa dalla scaramanzia, altri dall’omaggio che lui stesso volle fare all’età in cui vinse il suo primo campionato con gli Allievi dell’Ajax.

Arrivato al Barcellona nel 1973, però, Cruijff dovette lasciare l’amato 14 per il 9, visto che la Federcalcio spagnola era molto più rigida di quella olandese in materia di numeri, ma al suo 14 non rinunciò, visto che sotto la casacca ufficiale da gioco ne metteva sempre un’altra con quel numero sulle spalle. Lo stesso che ha sempre tenuto in nazionale, Mondiali di Germania ’74 compresi nonostante l’Adidas. Eh già, proprio la celebre casa d’abbigliamento sportivo che nell’occasione forniva all’Olanda le sue maglie arancioni le tipiche tre strisce di colore nero su spalline e maniche. Ma Cruijff faceva da testimonial alla rivale e concorrente Puma e dunque per contratto non poteva mai e poi mai indossare magliette riconoscibili come Adidas. Per ovviare al problema e averlo ugualmente in campo si ricorse ad un ingegnoso escamotage: dalle maniche della sua maglietta venne scucita un riga per parte e così su questa, anziché tre, ne rimasero due per lato. In tal modo Crujiff poteva indossare la casacca della nazionale olandese senza richiamare apertamente l’Adidas e nel pieno rispetto del contratto con la Puma.

Il Romanista – F. Bovaio 

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