Ritmo Di Francesco e la Roma si scatena. All’attacco in cinque

La Gazzetta dello Sport (A.Pugliese) – Per chi aveva paura che Di Francesco fosse zemaniano anche nei metodi e negli approcci al lavoro, sono bastati questi primi tre giorni di lavoro in ritiro per allontanare ogni timore. Niente gradoni, niente sacchi sulle spalle, neanche le ripetute fino allo sfinimento. Ma tanta palla, quella sì. Ed un’intensità senza fine, con mini partitelle giocate sempre a ritmi altissimi. Come ieri, quando ad un certo punto non si è accontentato ed ha spronato i suoi così: «Forza, alziamo questo ritmo!». Il bello, però, è che quel ritmo era già alto di per sé, ma non gli bastava. Così Di Francesco (ieri a Pinzolo c’era anche Pietro Chiodi, il suo agente, che poi si è visto con Monchi) sta dimostrando di essere quello che sono anche Spalletti e Sarri per altri versi: meticoloso, ossessivo e ripetitivo in ogni cosa. Il suo laboratorio tattico affonda le radici proprio qui, in questi aspetti. E anche se agli albori di un percorso ancora lungo, ha già messo in mostra alcuni concetti chiave.

L’ATTACCO – Le giocate provate in questi primi giorni per gli schemi offensivi ruotano tutte intorno a Gonalons, il regista francese che va a prendersi palla basso, scambiando con il centrale di difesa per poi lanciare l’azione. Il concetto di base è quello di arrivare sempre ad attaccare la porta con più giocatori possibile: almeno 5, meglio 6, se si può anche in 7 (se le condizioni tattiche lo permettono). E da questi primi giorni si capisce anche perché nel gioco del nuovo allenatore giallorosso le mezzali sono fondamentali: sono loro a dialogare con il regista, per poi, preparare la giocata sul terzino di riferimento che va a sovrapporre e infine andare dentro, attaccando la porta insieme alle tre punte. «Il mio gioco le sottopone a stress continuo», dice Di Francesco. Ed è così. Che ci sia campo o no, il concetto è liberare una fascia per mandare il terzino al cross e occupare l’area (e le zone circostanti) con più giocatori possibile: le punte attaccano la porta frontalmente (i due pali e la zona centrale), le mezzali a ridosso dell’area di rigore. E se serve va dentro (stringendo) anche l’altro terzino, in grado magari di raccogliere una giocata lunga, dalla parte opposta del campo.

LA DIFESA – Diverso il concetto di base della difesa, detto che il dogma è lo schieramento a quattro («Quella è la mia filosofia e non derogo», ha detto Eusebio). Di Francesco vuole una linea alta, a ridosso della trequarti campo, in grado di «scappare» verso il centrocampo quando l’avversario è in difficoltà nel palleggio, per accorciare il campo e provare la riconquista del pallone. A difesa schierata, invece, il terzino esce sul portatore di palla esterna e gli altri tre «scivolano» verso il terzino stesso, accorciando la linea in ampiezza. Se invece a ricevere è un attaccante centrale, il difensore di riferimento esce in marcatura, l’altro centrale stringe insieme al terzino lontano. Non quello vicino, però, perché quello deve bilanciare la linea ed impedire che la difesa collassi, liberando la fascia per un attacco avversario. Insomma, anche con Di Francesco c’è da divertirsi eccome. E come Spalletti e Sarri, anche Eusebio è ossessivo e ripetitivo. Al limite del maniacale. La sua Roma dovrà saper leggere ogni situazione di gioco con un’unica chiave: squadra corta e aggressiva. Sia in attacco che nel reparto arretrato.

L’ATTEGGIAMENTO – Poi c’è l’atteggiamento, la cura dei particolari, il rispetto delle regole. Questo non fa parte del laboratorio tattico, ma aiuta nell’amalgamare la squadra. Perché Di Francesco questo vuole in campo, che la squadra sia un tutt’uno. Con i sincronismi studiati e ristudiati, quasi alla perfezione. «Eusebio è il più forte di tutti, da lui tatticamente c’è solo da imparare e l’interesse dei giocatori conferma la bontà delle sue idee», ha detto ieri Nicandro Vizoco, il preparatore atletico della Roma. Forse è di parte. Ma forse potrebbe anche aver ragione.

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