Quell’insulto di Sarri vale due giornate

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Il Messaggero (M.Ferretti) – Adesso è ufficiale: dare del frocio ad un collega, per la Giustizia sportiva vale due giornate di squalifica. Maurizio Sarri, l’allenatore del Napoli che martedì scorso aveva etichettato in quel modo Roberto Mancini, tecnico dell’Inter, è stato squalificato dal giudice Tosel per due partite di Coppa Italia per «avere, al 47˚ del secondo tempo, rivolto all’allenatore della squadra avversaria epiteti pesantemente insultanti». Confermate, dunque, le previsioni della vigilia: non essendo Mancini notoriamente gay, è venuta meno – a giudizio di Tosel – la discriminazione omofoba nelle parole dell’allenatore napoletano. «Ogni tanto mi scappa qualche parola di troppo…», ha confessato. Insulto pesante, ma non omofobo. Traduzione: dare del gay ad un uomo che non è gay, è un’offesa generica e non sessista. Questo significa che se una curva fa buu razzisti ad un calciatore bianco non viene chiusa per discriminazione razziale perché il giocatore non era di colore. O no? A proposito: Mancini è stato multato da Tosel «per avere, al 47˚ del secondo tempo, uscendo dall’area tecnica, tenuto un atteggiamento intimidatorio nei confronti dell’allenatore della squadra avversaria che l’aveva insultato; per avere inoltre, al termine della gara, negli spogliatoi, rivolto al Quarto Ufficiale un’espressione irriguardosa ». Totale, 5mila euro.

IL CONTROVERSO PRECEDENTE – A ben scavare, poi, vien fuori che, secondo la Gazzetta dello Sport, il termine frocio ha fatto parte in passato anche del vocabolario calcistico dello stesso Mancio. Fine dicembre 2001: la Gazzetta svela un retroscena su Amaral, centrocampista della Fiorentina tornato in Brasile prima delle vacanze, che al contrario di quanto assicurato dalla società era stato messo fuori rosa da Mancini, allenatore dei viola. Una volta letto l’articolo, Mancio avrebbe cominciato ad insultare l’autore del pezzo apostrofandolo «Sei un frocio di merda, vieni qui». Il tutto davanti a un altro giornalista, all’addetto stampa viola e a parte della squadra. «È una cosa non vera, non ho mai usato quella parola perché non fa parte del mio linguaggio», ha tuonato ieri Mancini, «le esternazioni di Napoli sono semplicemente in linea con la mia storia e la mia cultura calcistica. Non chiedo di condividere il mio modo di stare nel calcio, ma pretendo rispetto». Il cronista, però, ha confermato.

LA LEGGE – La sentenza di Tosel, al di là di tutto, apre l’ennesima spaccatura con la giustizia ordinaria, visto che (anche se è ferma da oltre due anni al Senato, dopo essere stata approvata dalla Camera nel settembre del 2013) esiste una Legge sull’omofobia che punisce «chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi fondati sull’omofobia o transfobia». Solo che, in merito al SarrigateLa decisione del giudice acclara formalmente l’assenza di qualsiasi connotazione razzista ed omofoba nelle parole pronunciate da mister Sarri», ha comunicato il Napoli, che non farà ricorso, «si auspica che l’allenatore dell’ Inter possa accogliere le scuse più volte manifestate») sono stati proprio molti esponenti politici, di ogni parrocchia, ad etichettare le parole dell’allenatore come un semplice scazzo, una sfuriata da campo, una cosa quasi normale per via del contesto e dell’adrenalina. Roba da tifosi, insomma, a caccia di consensi popolari. «Che Mancini abbia quel bel carattere l’ha dimostrato anche in altre occasioni: ha dato una prova di civiltà e di coraggio. Lui è coraggioso », ha sentenziato ieri Massimo Moratti, «la sua non è stata una denuncia perché il fatto è accaduto davanti a tutti. Mancini ha fatto benissimo a tener duro, si è offeso per conto di terzi, è una persona civile», ha sostenuto, convinto, Massimo Moratti.

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