Quei troppi finali che vanno riscritti

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Il Messaggero (A.Angeloni) – Una zona Cesarini al contrario, ecco di che parliamo. Quando scocca l’ottantesimo, o giù di lì, cominciano a tremare le gambe. Ora si prende gol. E il gol, puntuale, arriva come una tassa. A volte fa maluccio, a volte malissimo, qualche volta è ininfluente. Ma arriva, tranquilli. «Basta cali di tensione», ha urlato Rudi Garcia ieri nel chiuso dello spogliatoio. Il solito discorso post gara, ciò che in questi casi si definisce faccia a faccia. Che succede in quei casi? Si abbassa la tensione, le gambe non girano e si commette l’ingenuità mortifera, proprio quando stai per alzare le braccia al cielo e il risultato ti sembra ben nascosto nelle tasche. Succedeva pure nella passata stagione, basti ricordare, un esempio su tutti, il gol incassato a Mosca, che ha compromesso la qualificazione agli ottavi di Champions. Nelle venti partite fin qui giocate è successo già troppe volte, otto (sono 12 i gol incassati nella ripresa) le reti presi negli ultimi dieci minuti. E qui, forse, va un po’ rivalutato il discorso che fa Garcia ogni tanto quando parla di errori individuali. Perché lì, in quei momento, spesso è proprio quello che ti lascia in bianco. Errore individuale, ad esempio, quello di Keita in Roma-Juve, che ha dato il là alla rete di Dybala (87’) e per poco la Juve non faceva il pieno di energie per uscire dall’Olimpico con un pari insperato (quella, a detta di molti, fu una delle migliori prestazioni della Roma). Errore individuale per eccellenza, sfortunato pure, quello di Manolas (85’) a Marassi contro la Samp. E due. Siamo al novantesimo e deve ancora segnare il quarto gol Gervinho, quando Gonzalez (90’) supera Szczesny al Barbera. Una partita che la Roma aveva stradominato e che ha rischiato di compromettere negli istanti finali, zero a tre a due a tre, con appunto zampata finale di Gervinho che ha spazzato via ogni patema dell’ultimo minuto con il Palermo. Vogliamo parlare del recupero di Bayer LeverkusenRoma? Lì di reti ne sono arrivate addirittura due: Kampl e Mehmedi (84’ e 86’).

CLASSIFICHE DIVERSE – Quella sera, due a zero, due a quattro, quattro a quattro, proprio con il doppio cazzotto sul gong. Maledizione. E siamo a quattro/cinque. La sesta volta è stata indolore: bastavano altri due minuti e chissà cosa sarebbe successo. Magari, come a Palermo, avrebbe richiuso i giochi il solito Gervinho, ma anche no. E parliamo di Babacar (94’) che ha dimezzato lo svantaggio viola nell’ultima trasferta vinta dalla Roma. Veniamo ai tempi recenti, ed ecco il vecchio amico Destro, che ancora sta festeggiando per quella rete segnata alla Roma (87’) sul pantano di Bologna. Il gol è su rigore, stavolta l’errore individuale è di Torosidis, che commette un fallo ingenuo su Giaccherini, quando mancavano pochi spiccioli alla fine e la Roma aveva capovolto, con fatica (due rigori, Pjanic e Dzeko), l’iniziale svantaggio al Dall’Ara. Destro calcia il penalty del pareggio finale e la Roma perde altri due punti. Stesso film a Torino, e siamo a otto: gol di Maxi Lopez (93’), che leva due pezzi di anima alla Roma, che indietreggia sempre più in classifica. Due punti lasciati lì, altri due lasciati di là, tra campionato e coppa, le classifiche potevano essere molto diverse. Probabilmente i problemi di gioco sarebbero rimasti, ma magari staremmo a parlare di una Roma cinica, come l’Inter, che la classifica la comanda pur non avendo quasi mai incantato. La solidità la dà il gioco, è vero, ma a volte servono calciatori di personalità, quelli che fanno sparire il pallone (ricordiamo Totti quando stava cinque o sei minuti sulla bandierina e la partita finiva di esistere). Quindi chiedere ai giocatori di alzare il livello di attenzione, qualche volta è come chiedere a una rana di fare il verso del leone. O ci si arriva con i meccanismi di squadra o con la forza dei singoli. La Roma è alla ricerca di entrambi. Ma c’è tempo per invertire il trend.

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