Pjanic, il grande ex e l’incubo beffa su punizione. Spalletti: “Ma Miralem resta un amico”

La Stampa (G.Buccheri) – Nel calcio ci sono storie vere, intense, durature. Rapporti che il cambio di maglia non può strattonare fino al punto di rottura. Lo dice Luciano Spalletti e lo racconta perché, questa sera, c’è un pericolo amico da schivare dentro allo Stadium che, parole di Szczesny, sembra Anfield: le punizioni di Miralem Pjanic.

IL PRAZNO PRIMA DEL TOROPjanic che prende la mira e segna è una beffa da evitare per una piazza, quella giallorossa, che si sente ancora tradita per l’addio del fantasista bosniaco la scorsa estate. «Avete provato di tutto per farci litigare, ma la verità è un’altra…», così Spalletti. La sua verità è quella che arriva dallo spogliatoio e che parla la stessa lingua. «Pjanic è un amico, un grande amico. Siamo stati a Torino per la partita con i granata e lui ha passata la vigilia con noi in albergo: ha mangiato con la squadra, ha parlato con i ragazzi, si è fermato a lungo. Ogni tanto – continua l’allenatore giallorosso – me lo passano al telefono, fra noi c’è stima reciproca…». Pjanic prenderà la mira come sempre se la notte gli presenterà l’occasione e, davanti, troverà una barriera di amici. Un sentimento, l’amicizia appunto, che non può andare dietro agli umori dei tifosi o alle logiche della rivalità. «Gli avevo consegnato le chiavi del nostro gioco e l’avrei fatto ancora se non fosse andato via...», sottolinea Spalletti.

L’ADDIO AL VELENO – Il duello fra la Juve e la Roma, spesso, è stato deciso o indirizzato dall’arte del calcio da fermo. Interpreti di lusso si sono passati il virtuale testimone e, la punizione al veleno, è una costante che resiste al tempo. Stavolta c’è un grande ex ad arricchire il partito dei più bravi nella specialità e quel grande ex, se verrà chiamato all’opera, proverà a non fare sconti. Il numero uno della Roma Szczesny è stato sincero nel ricordare come «se Miralem è perfetto c’è poco da fare per il portiere…». Nainggolan, il migliore amico fra gli amici di Pjanic, lo salutò ricordandogli che «è meglio vincere uno scudetto qua a Roma che dieci a Torino…». Una cosa è certa: se dovesse toccare al centrocampista bosniaco spaccare in due la sfida, nessuno, nella Roma, griderebbe al tradimento. Fuori dal campo è diverso: fuori dal campo Pjanic è il maghetto che mandava in rete Totti o gli altri e che, una sera di giugno, ha accolto con il sorriso la notizia che la Juve aveva pagato i trentotto milioni della clausola rescissoria per portarselo via dopo cinque stagione nella Capitale. «Ora che sono in bianconero ho capito perchè a Torino si vince…», una delle prime uscite di Pjanic. Fa parte del gioco, dicono dallo spogliatoio romanista.

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