Pizarro: “Spalletti e la Viola, il mio derby speciale”

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Il Messaggero (A.Angeloni) – Si gode l’atmosfera calda di Valparaiso e tira ancora calci a un pallone con la maglia del Santiago Wanderers. E’ tutta un’altra vita per David Pizarro, ex di Roma e Fiorentina. Ma un giorno tornerà in Italia: «Chissà, magari per il super corso di Coverciano e per un futuro da manager». La Roma è stata la sua vita, la Fiorentina il rialzo di una carriera che, per tanti, era già finita. «Ero alla Roma, stavo soffrendo per la vita di mia sorella, a Trigoria davo l’impressione di aver staccato la spina, che del calcio non mi interessasse più niente. Era un periodo difficile, è vero, ma io Roma no, non l’avrei mai lasciata. Mai».

Poi è arrivato Montella.
«A lui devo molto, mi ha dato una grossa mano, ha creduto in me, quando molti non lo hanno fatto. Mi ha aiutato in una fase molto delicata della mia vita, per questo lo ringrazierò sempre. Mi voleva anche alla Sampdoria, ma ormai avevo preso un impegno con il Santiago Wanderers».

Da Montella a Spalletti, due allenatori fondamentali per lei.
«Sono diversi tatticamente, ma una cosa li accomuna: l’essere semplici e diretti nel dire le cose. Luciano ha modi più duri, Vincenzo è proprio napoletanto, astuto, intelligente, furbo».

Veniamo a Spalletti. E’ vero che lei ci litigava?
«Sì. Uno dei primi giorni a Udine, ad esempio. Tenevo troppo la palla, mi ha sgridato in una maniera per me sbagliata, mi sono tolto la casacca e ho lasciato l’allenamento».

Pure lei, bel caratterino.
«Si ho i miei difetti, ma con Luciano ci si chiariva subito. C’è stima, sono molto affezionato a lui. Ovvio, io sono la metà, di sicuro il confronto fisico non l’avrei potuto sopportare».

Quale la migliore qualità di Lucio?
«E’ uno che cura i dettagli in maniera maniacale. Dettagli che fanno la differenza. Poi è un allenatore che tiene molto al gruppo e lo porta tutto verso la stessa direzione».

Un difetto, invece?
«Aveva l’abitudine di leggere il giornale a tavola. Mi dava fastidio: uno parlava e lui leggeva il giornale».

Nello spogliatoio era uno che si faceva sentire, giusto?
«Luciano accumula tensioni, poi a un certo punto sbotta. E lì molto meglio se ti scansi».

Addirittura?
«Volavano le caffettiere o qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano. Anche se si vinceva eh. Non è il tipo che si arrabbia se perdi, anzi».

E all’epoca la Roma vinceva, divertiva. Bella atmosfera.
«Stupenda. Abbiamo sfiorato il miracolo. Quella squadra non è paragonabile a questa. Ora c’è più ricchezza, prima eravamo 13/14 giocatori. Ma abbiamo sfiorato lo scudetto, davvero un peccato. Vedo l’Inter di adesso e penso: cavolo, ma non poteva essere questa la nostra avversaria di allora? Altro che uno scudetto».

Le piace questa Roma?
«Sì mi piace, è forte, ha grandi giocatori. Ottimi centrocampisti, da Keita a Nainggolan, passando per Pjanic. Gente seria».

C’è un Pizarro in giallorosso?
«No. Uno è a New York, Pirlo; uno a Valparaiso, io».

Pjanic?
«Gran giocatore, ma in quel ruolo ci vuole corsa, forza. Lui è un regista alto, molto più trequartista. Ha un piede incantevole, ma non mi sembra uno dedito al sacrificio».

Lei ha imparato, però.
«Sì ma a me hanno cambiato ruolo che non avevo nemmeno vent’anni, non è facile fare la stessa cosa con uno che ne ha ventisei, ventisette».

Chi è il suo erede, o uno che può fare la fortuna della Roma in quel ruolo.
«Un giocatore solo: Marco Verratti, quello che mi somiglia di più. Lui forse è meno tecnico nel dribbling rispetto a me, ma ha un grande visione di gioco e le sue idee creano superiorità numerica, proprio come piace a Spalletti. Ideale per la Roma».

Questione Totti.
«Una volta, giocavo nell’Inter, Francesco mi disse: vieni alla Roma. Ora dico io a lui: vieni a Valparaiso».

Vuol dire che deve smettere?
«Checco deve fare ciò che sente. Lui è la Roma. E non è una frase fatta. La Roma all’estero è Totti e Totti è la sua storia. Anche qui in Cile: non fanno altro che chiedermi di lui».

E per Totti, la Roma è tutto.
«E’ la sua vita. Quello che ha fatto per la Roma è sotto gli occhi di tutti, ha rinunciato a vincere andando altrove. Non ce lo vedo da un’altra parte, se gli togli quella maglia gli togli un pezzo di se stesso».

Ha saputo che Spalletti lo ha rimandato a casa dopo l’intervista alla Rai?
«Un toscano davanti a un romano: mi sarebbe piaciuto esserci in quel momento».

Dopo Totti passiamo a un altro suo grande amico, De Rossi.
«All’epoca era il migliore in assoluto. Lui non ha l’impatto di Totti nella Roma ma resta ancora un grande calciatore. Se impara a fare il centrale di difesa può essere la fortuna di Spalletti e della squadra. E di se stesso».

Le piacerebbe esserci venerdì? C’è Roma-Fiorentina.
«Pagherei di tasca mia per giocare una partita del genere».

Con quale maglia?
«A Roma sono legatissimo, ma anche a Firenze sono stato bene, mi sono divertito. Lì poi è nata la mia terza figlia, Emma. Lei toscana, gli altri due friulani. Non ho figli di Roma, ma tanti amici».

Con Spalletti si torna a parlare di terzo posto.
«L’ultima volta che ho visto la Roma dal vivo era gennaio, contro il Verona. Mi sono un po’ spaventato. L’ho rivista sabato con l’Empoli, è tutt’altra squadra. E oggi non penso più che favorita sia la Viola, anzi. Ho l’impressione che i giallorossi abbiano qualcosa in più».

Eppure la Fiorentina vista con il Napoli ha fatto una buona impressione.
«Sì certo, partita bellissima. Ritmo alto, come ormai se ne vedono poche in Italia. Il vantaggio che potrebbe avere la Fiorentina nella corsa al terzo posto è che non avrà le coppe».

Beh, a meno di un miracolo, nemmeno la Roma.
«A Madrid può succedere di tutto. Lì c’è un bel casino, chissà che la Roma non ne approfitti. Primo: il Real non è il Barcellona. Secondo: la Roma è in fase ascendente, può solo migliorare. E’ difficile, ma ne riparliamo».

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