Piris: “Ho pagato l’inesperienza, giocavamo bene ma non vincevamo. L’errore nel derby fu molto doloroso”

29 presenze con la Roma nella stagione 2012-2013, Ivan Piris è tornato a parlare della sua esperienza in giallorosso. Il terzino paraguaiano, oggi in forza al Libertad Asunción, si è raccontato in un’intervista a gianlucadimarzio.com, commentando l’esordio contro il Catania, il rapporto con Zeman e con il resto dello spogliatoio e quell’errore nel derby contro la Lazio. Queste le sue parole:

“Che ricordi, ho giocato tre anni in Serie A e mi sarebbe piaciuto rimanere. Mi mancano la pasta, il cibo, quella cucina che non ha eguali al mondo. Poi la tranquillità di Roma, ma soprattutto quella di Udine”.

Sull’arrivo nella Capitale

Per noi sudamericani arrivare in Europa è il massimo. Mi sono ritrovato in uno spogliatoio con Totti, De Rossi, Burdisso, Stekelemburg, Lamela. C’era anche Pjanic, anche se ha iniziato a giocare l’anno dopo dimostrando di essere un grande giocatore, ma ogni allenatore ha i suoi gusti. Nella mia prima stagione ho giocato 32 partite, alternando momenti positivi e negativi, ma credo di aver pagato l’inesperienza e l’adattamento a un calcio più tattico.

Sul rapporto con Zeman

Correvamo tanto e giocavamo bene, ma non vincevamo. Voleva che i terzini spingessero tanto e io nelle mie esperienze precedenti non ero abituato, però in quella stagione feci cinque assist. Il giorno successivo commentava le partita. Dopo il pareggio all’esordio contro il Catania ero in fondo al gruppo, non avevo capito niente di quello che aveva detto. L’italiano per me era difficile, se poi uno parla piano e con un tono basso allora apriti cielo. Per fortuna Lamela e Burdisso mi traducevano tutto quello che diceva. Zeman comunque è un grande allenatore, ha fatto bene in tante squadre. Quell’anno non abbiamo ottenuto buoni risultati ma mi ha dato tanta fiducia.

Sull’errore nel derby

Fu molto doloroso, non lo feci apposta. Avevo poca esperienza. Mi è dispiaciuto non essere stato all’altezza del club, dei tifosi e della dirigenza. Mi sarebbe piaciuto rimanere, ma l’anno successivo arrivò Maicon. Roma è una piazza difficile, aveva bisogno di un giocatore già affermato.

Il rapporto con Totti e De Rossi

In ogni allenamento sapevi che potevi imparare tanto da loro. Il giorno della firma iniziai a pensare subito a come sarebbe andata nello spogliatoio con loro, quali sarebbero potute essere le prime parole da rivolgerli. Nella prima partitella del ritiro in Austria rimasi sorpreso dal fatto che Totti giocasse sempre di prima, con un tocco metteva il pallone sotto l’incrocio. Non gliel’ho rivisto fare a nessuno.  Sono grato al calcio perché mi ha fatto giocare con due giocatori incredibili e non potrei chiedere nient’altro. Con Totti non parlavo molto ma lui era sempre vicino a tutti. Faceva spesso degli scherzi ed era il suo modo di dare forza a tutta la squadra. La prima volta che entrai nello spogliatoio mi presentai vestito in camicia, molto elegante, e lui mi disse ‘Questo non è un ufficio!’. Io rimasi sorpreso, quasi imbarazzato. Feci tre passi e lui scoppiò a ridere.

 

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