Paulo Fonseca e gli altri: la generazione dei portoghesi rampanti

Pagine Romaniste (Alessio Nardo) – E’ giovane, motivato e già vincente. Lo dice la sua storia: 9 trofei tra esperienze vissute in patria e il triennio favoloso sulla panchina dello Shakhtar Donetsk, con tre “double” (campionato più coppa) su tre. Paulo Fonseca, ora, potrebbe godersi il salto di qualità, approdando in una delle cinque leghe più importanti d’Europa. L’Italia lo aspetta, la Roma spera di abbracciarlo presto e di ripetere il positivo exploit dei tempi di Rudi Garcia. Anch’egli straniero, arrivato (nel 2013) in un momento di difficoltà generale con tanto di piazza in subbuglio e dopo una serie di rifiuti eccellenti (Mazzarri e Allegri). Un deja vu, dalla Francia al Portogallo.

Già, il Portogallo. Terra che nei decenni ha prodotto almeno tre tra i più forti giocatori della storia del calcio (Eusebio, Figo e Cristiano Ronaldo) nonché un’interessantissima generazione di allenatori. Bravi, affamati, pieni di idee e capaci di imporsi più o meno in ogni contesto calcistico. Il boss dei boss resta José Mourinho, ovviamente. Lo Special One, ora 56enne, che tra il 2003 e il 2004 conquistò l’Olimpo del pallone trascinando il Porto di gente semisconosciuta (affermatasi proprio sotto la sua gestione) al successo in Coppa Uefa e poi in Champions League. Che altro dire di lui, se non ricordare gli innumerevoli tituli stravinti ovunque. Ora è fermo, dopo il divorzio traumatico col Manchester United. Ma siamo certi che presto gli ricapiterà una grande occasione. Alle spalle di Mou, nel corso del tempo, sono cresciuti e maturati tanti altri tecnici lusitani, tutti nati negli anni 70, accomunati dal desiderio di proporre calcio offensivo e raggiungere, anche grazie a questo tipo di mentalità, i livelli più alti.

Dando un’occhiata ai 5 campionati più prestigiosi del Vecchio Continente, notiamo una curiosa assenza di allenatori portoghesi nella vicina Spagna, oltre che in Germania. Ce ne sono ben tre, invece, in Francia. Partiamo da Leonardo Jardim (’74), che due anni fa trascinò il Monaco alla semifinale di Champions e alla vittoria di un incredibile titolo nazionale a danno del Paris SG, con tanto di valorizzazione assoluta dell’allora 18enne gioiello Kylian Mbappé. Tempi ormai andati, vista la faticosa salvezza ottenuta nell’ultima stagione. Ma Jardim resta tuttora un nome di spessore. In attesa di rilancio André Villas Boas (’77), l’uomo cresciuto all’ombra di Mourinho ma con idee più guardioliane, capace di portare nel 2011, a soli 34 anni, il Porto alla conquista dell’Europa League. Il predestinato s’è poi inceppato: male al Chelsea e al Tottenham, agrodolce il suo cammino allo Zenit San Pietroburgo, anonima l’esperienza in Cina. Infine la pausa, un biennio sabbatico (con curiosa partecipazione alla Dakar) e il gran rientro a Marsiglia, al posto di Rudi Garcia. Trionfo o definitivo flop? Ai posteri l’ardua sentenza. Altro mister ambizioso e in cerca di riscatto è Paulo Sousa (’70), che ha preso in mano il Bordeaux a marzo senza riuscire a dare una scossa evidente alla squadra, classificatasi 14^ in Ligue 1. Il tecnico ex Fiorentina, spessissimo accostato alla Roma, ha adesso un’intera estate davanti per restituire una forte identità ai girondini. Con l’auspicio di riportarli ai vertici del calcio transalpino.

E mentre in patria stanno gradualmente emergendo le figure di Bruno Lage (’76, Benfica) e Sergio Conceiçao (’74, Porto), occhio a due nomi che in Inghilterra già imperversano da un po’ di tempo. Uno è Marco Silva, classe ’77. Ha vinto in passato con Sporting e Olympiakos prima di approdare in Premier nel 2016. Due avventure poco esaltanti con Hull City e Watford, poi l’Everton, con cui ha conseguito l’8° posto nell’ultimo torneo. Il club di Liverpool intende compiere il salto di qualità e si affida a Silva, fan del 4-2-3-1, per riuscirci il prossimo anno. L’altro è Nuno Espirito Santo (’74). Dopo aver raccolto risultati alterni con Valencia e Porto, l’ex portiere è ripartito nel 2017 dal Wolverhampton, Serie B inglese, confezionando un autentico capolavoro. Prima ha riportato la squadra in Premier League, poi l’ha guidata sino al 7° posto in classifica, quindi in Europa, subito alle spalle delle sei big. I lupi arancioni, oltre a un calcio aggressivo e piacevole, hanno mostrato compattezza e una struttura portante tutta lusitana di estrema qualità (Rui Patricio, Ruben Neves, Moutinho, Diogo Jota, Helder Costa). Ora tocca a Paulo Fonseca (’73), il condottiero partito dalla gavetta, arrivato forse troppo presto al Porto (esonerato nel 2014) ma abile nel rilanciarsi con forza altrove e rimpolpare costantemente la propria bacheca. La grande opportunità è dietro l’angolo. Roma, solitamente scettica, aspetta per valutare. E spera di potersi innamorare di nuovo, dopo un’amara stagione di lacrime e sangue.

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