PARLA SPALLETTI: «Vittorie subito e zero alibi ai giocatori. Servono i tifosi, tornate in Curva Sud»

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Il Tempo – Queste le parole di Luciano Spalletti in conferenza stampa:

Impressioni dopo tre giorni di lavoro?
«Sono tornato perché ho già allenato la Roma e so quanto è bello guidare questa squadra. Mi ci vorrà un po’ di tempo per essere al passo delle migliorie e delle cose nuove create a Trigoria. Ho deciso di dormire qui, così le imparo prima. La buona impressione è stata il primo allenamento che viene quasi naturale, poi si è confermata nel secondo e nel terzo. Non lo credevo: c’era il rischio che, per seguire tutto quello che dicevo, facessero confusione. Invece no, ho trovato ragazzi attentissimi sotto l’aspetto della voglia, al livello che io chiedevo e questo è il miglior messaggio possibile. So che quando c’è il cambio dell’allenatore qualcuno può essere giustamente dispiaciuto e disturbato. Invece non è stato così. Anche a me dispiace per Garcia: ha fatto delle buone cose e ha lasciato anche dei record. Si accorgerà che l’esonero non fa testo, è successo ad altri. Farà la sua carriera da solo, in bocca al lupo Rudi».

Sta lavorando più sulla testa dei giocatori o sulla tattica?
«Mi hanno detto che sarebbe affiorata la questione della condizione fisica dei ragazzi. Io sono fermamente convinto che nel calcio attuale, il nervoso, il temperamento, il segnale che la testa può mandare alle gambe, sia più importante che non viceversa. Quando si parla di preparazione è una cosa più ampia, perché bisogna includere i periodi passati al di fuori della squadra: la casa, la famiglia, la vita in generale. Nel nostro lavoro si cerca sempre la strada più breve e sicuramente non quella di andare a rifare una preparazione da capo. Io che gli dico ai giocatori? Che se perdono partite per altri due mesi va bene così perché non hanno birra nelle gambe? I ragazzi non hanno alibi, noi siamo in ritardo e abbiamo solo una via d’uscita: quella di vincere subito. Altrimenti le stesse persone che erano in aeroporto e mi hanno salutato in maniera affettuosa tra due mesi mi prendono per un orecchio e mi fanno fare il giro della città. Ho un vantaggio, che Roma la conosco già, ma me lo fanno fare lo stesso… ».

Momento più emozionante del suo ritorno?
«Quando sono tornato a Trigoria, ho incontrato la gente comune che lavora qui dentro e ha meno visibilità. Non conoscevo tutte queste persone e sono una forza importante di cui dobbiamo tener conto».

Quando si vedrà una Roma come la desidera Spalletti?
«Si passa sempre attraverso la squadra e la forza che abbiamo a disposizione. Io spero fin da subito altrimenti sarebbe un problema perché le altre corrono fortissimo. Siamo un po’ in ritardo, bisogna partire forte, dobbiamo subito sterzare e riappropriarci delle nostre qualità, cosa che noi abbiamo. Mi aspetto dalla gara col Verona una reazione fortissima».

Punta allo scudetto o basterebbe il terzo posto?
«Il primo impatto deve essere la partita e la prima settimana di lavoro. C’è bisogno di momenti e di passaggi senza i quali sarà difficile che ne avvengano degli altri».

Dove vede meglio Florenzi? Pjanic può interpretare il ruolo di regista?
«Volete sapere se Florenzi è un “due” o un “sette”? È un tre e mezzo, o quattro e tre quarti. Gli ho visto cambiare tanti ruoli e li ha fatti tutti bene. Ho riguardato il nostro calcio ed è di livello, grazie agli allenatori che preparano più i principi di gioco che gli schemi. Molti calciatori interpretano più ruoli, per esempio il Napoli, che ha giocato in due modi diversi, la Fiorentina, l’Empoli… A me piace anche il Torino di Ventura. Questa elasticità è un metodo nuovo che ci avvicina al calcio europeo ed è la strada giusta per proporre un gioco piacevole per il pubblico».

Da quando è andato via lei la Roma ha cambiato sei allenatori, lei è il settimo. I presupposti che la convinsero a dimettersi sei anni fa, sono ancora qui?
«Quindi sono venuto per dimettermi? No. Io sono venuto qui perché allenare la Roma è bellissimo. Il resto è cancellato, per me è tutto nuovo. Sono tornato anche perché me l’hanno chiesto tre tifosi speciali, a cui non potevo dire di no. Sono i miei figli: Samuele, Federica e Matilde, loro sono rimasti sempre della Roma».

Ha parlato con Sabatini di mercato?
«Prima di tutto devo prender conoscenza di questi calciatori. Se sono stati scelti da Sabatini, che è un grandissimo dirigente, sicuramente delle qualità ce le hanno. Poi cercheremo di parlare delle cose che possono essere aggiustate, perché si può migliorare in tutto. Ho letto, anzi per ora mi hanno detto che ci sarebbe un po’ di (e fa un gesto per similare l’”attrito”, ndr) con Sabatini. Dopo che ho saputo questa cosa, gli avevo portato un regalo e me lo sono tenuto».

Qual è il regalo che invece vorrebbe fare a Pallotta?
«Gli darò una magliettina della Curva, quando l’ho incontrato ne aveva una che gli stava un po’ aderente, gliela porto più grande… Sarebbe il segno che la squadra è cresciuta».

Che ruolo avrà Totti?
«A lui ho dato più di quello che avevo. Quando sono venuto ad allenare la Roma è stato il primo calciatore che ho incontrato, ho cercato di non “disturbare” il suo talento. Ora sarò in sintonia con la prima scelta, poi se mi volete chiedere del contratto, quello è un rapporto diretto tra lui e Pallotta, non riguarda me. Con l’età che ha Totti e per quello che lui è stato non posso essere io a influenzare niente».

Possiamo immaginare una sua Roma anche senza il 4-2-3-1?
«Quel contesto lì è stato creato quando avevo interpreti che lo sviluppavano bene e dopo poche partite lo facevano a memoria. Poi andando fuori ho imparato qualcosa di nuovo, Sarà riproponibile quel 4-2-3-1 che ha fatto delle cose meravigliose, mi divertivo a vederlo e qualche volta mi sono anche eccitato, durante l’allenamento, a vederli andare così forti. Dicevo: “Fino a che non cambiano le misure di campo sarà 4-2-3-1”. Le misure sono rimaste quelle ma ora si può fare anche qualcosa di diverso. C’è da provare velocemente, altrimenti si fa tardi».

Pallotta non vive qui, come ha fatto in un giorno a toglierle i dubbi?
«A me faceva piacere allenare la Roma, è stato facile accettare. Chiaro poi che se tu conosci in profondità delle cose, ti vengono delle idee, delle richieste da fare, e verrà fatto durante la prossima settimana. Io ho avuto anche società vicine in passato, ma che non hanno dato quel contributo che fa la differenza. Quella la facciamo noi qui dentro. Pallotta ha un sentimento forte per la nostra città e la nostra squadra, ha una passione sfrenata. Ve lo assicuro perché ho visto come va in giro per casa».

Come ha trovato la squadra dal punto di vista tattico? E Castan?
«Garcia secondo me ha fatto un buon lavoro, gli ho visto giocare delle partite splendide. Io probabilmente cambierò qualcosa però l’obiettivo è sempre quello: riuscire a far trovare continuità alla squadra, giocare in un modo che sia riconosciuto ed essere più bravi dell’avversario. Una squadra forte si fa a partire da un centrocampo forte, e noi lo abbiamo fantastico. Anche Strootman sta migliorando. Per quanto riguarda Castan, ho guardato gli allenamenti, ho sentito quello che mi dicono anche i medici, so quello che è successo e gli ho detto: “Voglio sapere da te come stai”. E lui: “Bene”. Allora gli ho chiesto: “Se ti faccio giocare col Verona?”. Mi mi ha risposto: “Vedrà che prestazione faccio”. Conta più questo del resto».

Chi è il playmaker della Roma? Rudiger è solo un difensore centrale o anche un terzino destro?
«Di playmaker ne abbiamo quattro. De Rossi, Pjanic, Willy (Vainqueur, ndr) e Strootman lo sanno fare. Se ci ricordiamo anche Pizarro precedentemente era un trequartista che noi abbiamo arretrato. Qualche partita di Rudi l’ho vista, quando De Rossi interpretava il ruolo “basso”, poi a turno con Nainggolan veniva indietro a palleggiare e Daniele si alzava di dieci metri. Anche Strootman lo sa fare il play, l’ho visto allenarsi con la Primavera ed è un giocatore eccezionale. Un paio di colleghi mi hanno fatto l’in bocca al lupo, uno di questi è Ancelotti e mi ha chiesto di due o tre nostri centrocampisti, perché lui li conosce e la pensa come me: sono forti. Rudiger può fare il terzo centrale in una difesa a tre come gioca in nazionale, non può essere quello che propone calcio offensivo alla grande ma se hai uno a sinistra che spinge in un certo modo e uno a destra che fa la fase difensiva, siamo a dama lo stesso».

Che idea si è fatto della vicenda della Curva Sud?
«Mi dispiace moltissimo. È un dispiacere che ti ferisce il cuore quando vedi questo stadio con poche migliaia di persone dentro se poi lo paragoni al periodo in cui abbiamo raggiunto risultati in Champions. Noi dobbiamo fare una grande risalita in classifica, percui ci vuole una grande squadra, una grande società, un allenatore che faccia meno danni possibili e serve una Curva che ruggisce e canta un inno prezioso come “Grazie Roma”. Se non ci sarà questa componente, noi perderemo una spinta importantissima. Siccome loro mi hanno mandato messaggi di affetto, anche negli anni in cui non c’ero, ora mi devono sostenere. Per me la Sud oggi sarà piena».

Teme il confronto con il primo Spalletti?
«Sono sicuro di aver allenato una buona Roma e sono convinto che questa lo sia altrettanto. Ora bisogna riproporre un buon calcio e ce la possiamo fare velocemente. Ho sempre giocato con squadre nelle quali la prima punta doveva tagliare dietro il centrale di reparto, sul primo palo perché se andava sul secondo non la prendeva mai. Quante volte abbiamo detto di non avere alternative perché c’era solo Totti? Ora abbiamo Dzeko che sa fare anche altre cose, andare su quella che a Coverciano chiamano la “palla passante” sul secondo palo. Se fossi arrivato alla Roma e mi avessero chiesto che centravanti volessi, io avrei risposto Dzeko».

Come ha trovato De Rossi? Può giocare in difesa?
«Daniele diventa fondamentale perché è il giocatore che ha più esperienza e qualità. Lui ha dato la sua completa disponibilità, anche quella di fare qualcosa di particolare che mi ha fatto molto piacere: anche io la pensavo così, ma non si può dire».

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