La Gazzetta dello Sport (C.Zucchelli) – Ogni volta che ha giocato un derby in Italia, dagli spalti si sono sentiti dei «buuu» e a dicembre il collega laziale Lulic ha detto che in passato vendeva «calzini e cinture a Stoccarda». Toni Rüdiger, originario della Sierra Leone ma tedesco di passaporto e di crescita, in un’intervista alla Bild non ha utilizzato giri di parole: «Non posso e non devo nascondere nulla. Perché io so no parte di questa cosa e non si può sempre ascoltare, bisogna anche parlare. Il razzismo è un grosso problema in Italia, incidenti come quello con Benatia (che in cuffia, prima di un’intervista alla Rai, aveva sentito insulti razzisti, ndc) o contro di me semplicemente si verificano spesso in questo paese».
APPELLO ALLA FIFA – Non solo in Italia però, almeno stando a quanto dice il belga Lukaku a «Sportfoot Magazine»: «Durante i derby sentivo i fischi contro Rüdiger ogni volta che toccava il pallone, ma la cosa è ridicola perché in campo in quel momento c’ero anche io. E il colore della pelle è lo stesso. Comunque – ha aggiunto il giocatore della Lazio – il razzismo negli stadi non è certo un’esclusiva italiana». Vero, ma in Italia, sottolinea ancora Rüdiger, «il problema è grande e io capisco chi reagisce come Muntari del Pescara (che ha abbandonato il campo per i troppi insulti, ndc). Per chi non ha il nostro colore della pelle è facile parlare. Se la federazione italiana non fa nulla, allora è la Fifa che deve intervenire. E azione semplici come dire “no al razzismo” e fare slogan di questo tipo non è detto che bastino, quindi bisogna fare delle azioni concrete. È arrivato il momento – ha poi concluso Rüdiger – di fare qualcosa, altrimenti le cose non cambieranno mai».