Il Romanista – De Rossi-Aquilani nemici mai

«La corretta funzione di un amico è di stare dalla tua parte quando sei in errore. Quasi tutti stanno dalla tua parte quando sei nel giusto » diceva Mark Twain. Ora, non è che vestire la maglia del Milan sia un errore in assoluto, ma se sei nato e cresciuto con quella della Roma, un po’ lo è. Oggi pomeriggio Daniele De Rossi non potrà essere fisicamente dalla parte di Alberto Aquilani per ovvi motivi calcistici, ma lo sarà prima e anche dopo la partita.
Perché Daniele e Alberto amici lo sono davvero. Un’amicizia che ha origini lontane e che, come tutte le cose più belle, non è stata immediata, ma è stata bensì una conquista. Qualcosa di profondo che non può essere incrinato dai quasi 600 chilometri di distanza tra Roma e Milano, o da quelli con Torino e nemmeno se di mezzo c’è il mare da attraversare per arrivare a Liverpool. Proprio il mare li aveva uniti, quello di Nettuno, quello che aveva benedetto i piedi di Bruno Conti. Lì Marazico aveva tenuto un Campus per scoprire i nuovi talenti giallorossi. Era il 1995 e mentre Francesco Totti aveva già cominciato a incantare il mondo, Daniele e Alberto entravano nel loro mondo, quello giallorosso. Il loro sogno, il sogno di qualunque bambino. Solo che a loro, 12 anni DDR, 11 per il Principinio, il destino aveva riservato una classe diversa dagli altri. Iniziò così il loro cammino romanista. Insieme. E insieme rischiarono di terminarlo quando la Juve di Moggi per cedere Edgar Davids che Capello voleva a tutti i costi chiese in cambio proprio quei due ragazzini (più D’Agostino) di cui parlavano già tutti. La Roma disse di no, e mai scelta fu più azzeccata. Era l’estate del 2002 e pochi mesi dopo Daniele avrebbe fatto il suo esordio in Serie A. Ma è il 10 maggio successivo che le strade di De Rossi e Aquilani si toccano di nuovo. Contro il Torino Daniele fa il suo debutto da titolare e segna il suo primo gol. Proprio in quella partita Alberto veste per la prima volta la maglia dei grandi, entrando al minuto 47 del secondo tempo al posto di Emerson.
Due predestinati, insomma. Due ragazzi che, poi, in giallorosso sono diventati uomini e grandi amici. Anche se all’inizio non era proprio così. Nelle giovanili, quando dovevano ancora conoscersi bene, non erano propriamente “pappa e ciccia”. Il loro allenatore dell’epoca, Mauro Bencivenga, il tecnico che diede una svolta alla carriera di De Rossi spostandolo a centrocampo, nel libro Il Mare di Roma di Tonino Cagnucci racconta come una volta punì Daniele per un entrataccia su Aquilani. Col tempo le cose sono cambiate radicalmente. Negli anni sono diventati, insieme a Totti, il simbolo della Roma dei romani. Ce li ricordiamo anche a “cantare” insieme nell’inno che Marco Conidi fece alla città. “La Roma che conosco la porto sempre dentro – diceva lì De Rossi -. La Roma che conosco, due ore pe’ fa un metro, però mentre te blocca te fa vede’ San Pietro”. Daniele San Pietro continua a poterla vedere tutti i giorni. A Roma e alla Roma ci si è appena legato per tutta la vita. Alberto, dopo aver rischiato di perderla due volte, la prima a 16 anni quando dall’Inghilterra erano pronti a ricoprirlo d’oro, la seconda nella già citata estate di Davids, alla fine l’ha dovuta lasciare. Liverpool, poi Torino, ora Milano. E mentre la Roma americana sta mettendo le basi per arrivare presto in cima, lui in cima ci sta già, con uno scudetto che passa anche attraverso la partita di oggi pomeriggio contro il suo passato (anche se da Milano per il momento lo danno in panchina). Proprio ieri De Rossi in una intervista al Corriere della Sera ha spiegato: «Non posso essere contentissimo della mia bacheca. Ma sono felice di come sono cresciuto, come calciatore e come uomo. Sono orgoglioso del rispetto che percepisco da parte di avversari e tifosi. Vincere un Mondiale è indimenticabile, ma io non nasco tifoso dell’Italia. Nasco tifoso della Roma. Da bambino sognavo lo scudetto. Ci stavo dentro a quel sogno, era a mia misura, mi sembrava possibile. Poi è finita che ho vinto il Mondiale e che lo scudetto sto ancora ad aspettarlo». Come si aspettano e si desiderano le cose più belle, quelle da conquistare. Come la sua amicizia con Alberto.
Il Romanista – D.Giannini 

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