Seppur di poco (19 minuti) Pjanic è il calciatore che sinora ha giocato di più nella rosa giallorossa. Non una novità (lo scorso anno nelle prime 8 gare stagionali in serie A, 657 minuti), conoscendone il valore ma c’è da scommettere che se ne avesse avuto la possibilità, Garcia qualche pausa in più gliela avrebbe concessa. E invece il tecnico – almeno per Pjanic – lo ha potuto fare solamente in un paio di occasioni: a Empoli dove gli sono stati risparmiati gli ultimi 23 minuti e con il Cagliari, quando ha giocato gli ultimi 22 subentrando a Destro. Per Nainggolan ancora meno: appena 7 minuti con il Verona.
PROBLEMA INFORTUNI – Tutto (o quasi) è legato all’infermeria che nel momento in cui ha iniziato a riempirsi, ha limitato inevitabilmente anche il turnover. Il tecnico di Nemours era partito con le idee chiare: cinque cambi a Empoli, sei con il Cska, quattro con il Cagliari e cinque a Parma. Poi, con la loi de series che continuava a colpire, ha dovuto ridurli: tre con il Verona, altrettanti con il City e due con la Juventus. Minore rotazione nelle ultime tre gare e mai in mediana. Pjanic (e Nainggolan), dunque, anche quando avrebbe potuto rifiatare ha sempre giocato. Figuriamoci ora che si è fatto male Keita. Fortuna vuole che De Rossi sia oramai pronto al rientro.
QUESTIONE DI FEELING – Fatto sta che da quando è arrivato Garcia, il bosniaco fa tutto con il sorriso sulle labbra e nel ruolo nel quale si sente più a suo agio: «Il mio posto in campo è mezzala in un 4-3-3, in una mediana dove gestiamo la gara, abbiamo sempre il possesso, senza paura di tenere la palla. Questo è il mio gioco e lo attuo con calciatori straordinari che capiscono davvero molto di calcio». Così come l’allenatore: «Con lui siamo più forti tatticamente e equilibrati – spiega al sito Ultimo uomo.com – Ci battiamo l’uno per l’altro, questo è lo spirito che Garcia ha portato con sé». Diversa invece la considerazione su Zeman: «E’ un bravo allenatore. Lui però chiede di verticalizzare sempre. A me piace invece giocarla come la sento io. Ora sono più libero».Libertà che non è mitigata nemmeno dalla presenza in campo di Totti: «Tutti sognano di essere l’erede di Francesco ma non è facile. Totti è Totti, è qualcosa di più del solo calcio. Ha fatto la storia del calcio italiano, è una leggenda. È bellissimo il fatto che non abbia mai cambiato maglia». Esperienza che vorrebbe emulare: «Il calcio è cambiato e a volte sono le società ad aver bisogno di soldi, non è sempre il calciatore che va via. Io ne ho avuto l’opportunità. Però mi sento così bene che, mi chiedo, perché devo farlo se amo questa squadra, questa città e voglio vincere qui?» Parole da mettere nel cassetto con la speranza di non doverlo mai aprire.