Il marchio di Higuain vale mezzo scudetto: adesso la fuga è vera

La Repubblica (E.Gamba) – La Juve è Higuain che segna e gli altri dieci che pensano a non farsi scalfire. La Juve è quella squadra che lascia agli altri il campo, l’iniziativa, un sacco di statistiche inutili (tipo 8 corner e un possesso palla rasente il 60%) e soprattutto tante illusioni, perché nell’apparente dominio non c’è uno che sappia scovare un’azione veramente pericolosa della Roma, non una breccia ma nemmeno un graffio a quel muro magari antiestetico, ma cosa volete che importi degli inestetismi del calcio all’italiana a chi sta per vincere il 6° scudetto consecutivo e che è già campione d’inverno con 22 giorni di anticipo. La Roma è quella squadra che avrebbe voluto ma non ha potuto, che ha girato attorno alla questione senza mai prenderla di petto, rimasta vittima della propria circospezione o, banalmente, dell’incapacità di mettersi al livello di un avversario che al suo livello non è. La Roma non ha Higuain, cioè uno che sappia svellere con prepotenza la palla dai piedi di un mammasantissima come De Rossi, disorientare uno attento come Manolas con una finita improvvisa né esplodere a fil di palo un tonitruante sinistro con quella mezza frazione di secondo d’anticipo che solamente asseconda l’istinto mentre gli altri ancora cercano di capire. Il Pipita tutto questo l’ha fatto, al 14′. È stato l’ennesimo gol fuori dagli schemi ma comunque dentro un copione, perché c’è un nesso di causalità tra un investimento da 90 milioni e un atto del genere. Roma Rometta? Può anche essere. Sono serate in cui i confini tra meriti e demeriti sono labili, ma Spalletti ha la colpa di aver scelto, nell’attesa di Salah, il tenerissimo e tenerone Gerson e di aver affrontato la gara con troppa circospezione, lasciando alla Juve la boria.

Bisognava essere un poco arroganti per tenere in piedi per il campionato, invece i giallorossi si sono tolti la timidezza di dosso solamente dopo il primo quarto d’ora, dominato dalla Juve e sublimato con l’1-0, però trovando un po’ di slancio non prima della seconda metà della ripresa, quando i bianconeri hanno dovuto rintanarsi verso Buffon. Ma se uno leggesse i dati di cronaca e basta, saprebbe giusto di due notevoli parate di Szczesny sull’incredibile Sturaro e poi di qualche mischietta davanti a Buffon e di un tiretto di Perotti al 32′ st, robina romanista sempre al diminutivo, con le unghie rinserrate, tra l’ impotenza evidente e una frustrazione strisciante. Come la Juve a Higuain, la Roma ha somigliato a Dzeko: bellina, freddina. Diminutivi, Saltando dalle colpe ai meriti, però, ne ha una moltitudine Allegri, che ha cambiato tre volte il modulo (dal 4-3-1-2 al 3-5-2 passando per il 4-3-3) adattandone uno a ogni momento della partita e dosando il talento dei fuoriclasse con l’energia dei gregari, perché Rugani, Sturaro e Mandzukic hanno giocato con un vigore impressionante, come se il muro se lo sentissero sulla spalle loro. La Juve, che venerdì a Doha contenderà la Supercoppa al Milan, ha fatto 100 punti nel 2016. Ha vinto la 25ª partita consecutiva allo Stadium, eguagliando il record stabilito tra il 2013 e il 2014, la Roma vi ha perso per la settima volte su sette: la storia recente viaggia su un binario e non scarta di un millimetro.

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