Manfredonia: “Io ero morto ma lui tornerà a giocare”

Il Messaggero – Intervistato dal quotidiano, l’ex calciatore della Roma (dal 1987 al 1990), Lionello Manfredonia, ha parlato del malore di N’Dicka nella sfida contro l’Udinese. Queste le sue dichiarazioni:

Manfredonia, ha visto cosa è successo a Ndicka?
“Ho saputo, ma poi mi sono informato e mi hanno subito tranquillizzato”.

Che idea si è fatto?
“E’ sempre stato cosciente, il cuore non si è fermato, questo è stato fondamentale. La paura è stata tanta, posso immaginare, ma penso che possa essere una situazione gestibile”.

La sua a Bologna, in quel freddo dicembre del 1989, fu molto meno gestibile.
“Io ero quasi morto. Il cuore mi si era fermato, sono caduto a terra, avendo perso i sensi. Sono stato fortunato io e lo è stato anche Ndicka”.

Si riferisce ai soccorsi?
“Nel mio caso furono decisivi, il defibrillatore può salvare una vita. Per quanto riguarda Ndicka non c’è stato bisogno, ma è stato fondamentale poter fare subito un elettrocardiogramma allo stadio. Lì hanno capito che c’era un’anomalia e lo hanno portato in ospedale per proseguire accertamenti”.

Non sono un po’ troppi i casi di malori del genere negli atleti?
“Sì, ma ci sono sempre stati. C’erano ai miei tempi, ci sono stati prima e li vediamo anche oggi. Può dipendere da tanti fattori, non possono essere accomunati da un solo problema. Dipende da giocatore a giocatore. C’è chi ha perso la vita in campo e chi, come Astori, nel sonno”.

Eriksen non ha più potuto giocare in Italia.
“Qui ci sono regole più rigide, in Inghilterra meno e lì ha potuto continuare la sua carriera”.

Secondo lei, Ndicka rischia di non poter più giocare?
“Non lo so, non sono un medico e non ho parlato con gli specialisti che lo seguono, posso solo fare una valutazione figlia di esperienze: per quello che è accaduto, per essere uscito cosciente dal campo, io penso che possa riprendere la sua attività. O quantomeno diciamo che sono ottimista. Certo, la paura è stata tanta”.

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