Mancini: “Il gol di tacco al derby indimenticabile. Spalletti l’allenatore più bravo della sua generazione”

Amantino Mancini ha parlato a Mola. Il brasiliano ha ripercorso la carriera alla Roma, parlando anche del momento attuale dei giallorossi. Di seguito le sue parole:

“Sostituire Cafù è stata una sfida molto complicata, una responsabilità. Ma era una sfida che mi piaceva, ringraziando Dio le cose sono andate benissimo, belle prestazioni e bei gol. La Roma giocava un calcio bellissimo, a memoria. C’ero io, Taddei, Totti, Perrotta, eravamo una squadra molto organizzata. Assomiglia un po’ al Napoli di oggi, c’era anche il nostro allenatore di quel tempo ovvero Spalletti, secondo me una squadra molto simile”.

Sulla nuova carriera.

“Ho preso il progetto di una squadra. In Brasile abbiamo i campionati regionali, ho preso questa squadra acquisendo la società. Porterò avanti il progetto come direttore sportivo. In questo momento la carriera di allenatore è un attimo in stand by, mi butto dentro questo nuovo progetto e spero di portarla nella Serie A regionale per farla giocare contro i migliori club brasiliani”.

Sull’arrivo a Roma.

“Nell’ultimo campionato prima di arrivare in Italia avevo fatto 16 gol. Arrivo a Roma nel gennaio del 2003, ma in quel momento aveva Cafù e mi manda in prestito al Venezia. Mi avevano preso per sostituire lui, aveva già firmato col Milan. A Venezia l’allenatore non mi faceva giocare, non so per quale motivo. È stato difficile l’adattamento, ho sofferto un po’ anche la città fredda, ma mi ha aiutato a imparare la cultura italiana”.

Sui derby.

“Non riuscivo a capire l’importanza nel derby, poi faccio il primo gol in Serie A di tacco in un derby e ci ho impiegato una settimana a capire l’importanza di quello che avevo fatto. Un gesto tecnico meraviglioso, poi conta anche la fortuna e l’istinto. Emerson ha fatto lo stesso mio movimento, la palla era bassa e l’unica cosa che potevo fare era il colpo di tacco. C’è fortuna, bravura, coordinazione, è stato un gol meraviglioso e indimenticabile. Il Tacco di Dio era un soprannome che mi piaceva molto, perché in mezzo c’è la parola Dio e io sono molto contento. Non ho fatto però solo quel gol di tacco come spesso mi dice la gente, anche altre cose!”

Il gol a Lione.

“A Lione un altro gol meraviglioso. La Roma giocava a memoria, mi arriva la palla e la stoppo. Nella mia testa ho detto che avrei dovuto puntare Reveiller e far gol. Vedo che lui entra in area, lì ho iniziato a fare i miei 8/9 doppi passi, fu un gol importante contro un Lione fortissimo. C’era Juninho, Malouda e giocavamo al La Gerland”.

Con Capello. 

“Capello che mi sposta più in avanti tatticamente non è stata la mossa decisiva per la mia carriera, ma per un discorso di fiducia sì. Quando rientro da Venezia busso a Capello e gli dico “Ciao”, lui mi risponde tutto serio. Mi chiede “Perché a Venezia non giocavi”?. Poi mi dice “Da domani partiamo per il ritiro e la preparazione”. Allora partiamo, dopo gli allenamenti alla prima partita che giochiamo mi mette e da lì non mi ha più tolto. Al ritorno dell’ultima trasferta, rientrati a Trigoria, mi chiama. “Amantino complimenti, hai fatto una bellissima stagione”. Sono stato io a dover ringraziare lui, che mi ha fatto partire da titolare sin da subito. Lo ringrazierò tutta la vita per quello che ha fatto per me”.

“Francesco scherzava sempre duranti gli allenamenti e nello spogliatoio. Lui è molto semplice e umile. Eravamo tanti brasiliani in quel gruppo, Taddei, Juan, Julio Sergio e altri. Uno spogliatoio molto tranquillo, nei primi periodi ho incrociato anche Cassano. Lui era un po’ particolare ma comunque un bravissimo ragazzo. Sono stato fortunato ad avere uno spogliatoio così, con giocatori bravi e simpatici”.

Confronto Spalletti-Capello-Mourinho?

Ho avuto la fottuna di avere loro tre, come caratteristiche e lavoro sono diversi. Capello è un generale, molto serio e che riesce a gestire perfettamente il gruppo, anche se ci sono dei Bad Boy. Mourinho è un bravissimo comunicatore, entra dentro di te anche dal punto di vista psicologico. Spalletti è quello che sul campo mi ha dato di più, mi ha insegnato tatticamente molti movimenti. Per me è lui il migliore. Vediamo il Napoli, la sua squadra sa giocare, è organizzata e sa cosa fare in campo, sia quando difende sia quanto attacca. Hanno intensità, velocità, uno contro uno, uno-due, ci sono tante variabili. Poi c’è il suo carattere tosto, penso che Spalletti sia l’allenatore più bravo della sua generazione, si merita il titolo e faccio il tifo per lui”.

L’11 ideale

Amantino Mancini senz’altro come ala. A trequarti metto Ronaldinho, come attaccante centrale Ibrahimovic. Come esterno destro metterei Eto’o. I due a centrocampi sono Vieira e De Rossi. Come quattro difensori metto Maicon a destra, a sinistra Zambrotta, al centro Thiago Silva e Chivu. In porta Julio Cesar. Ad allenare mettiamo Luciano Spalletti”.

Sull’infortunio di Totti. 

“Mi è spiaciuto molto per l’infortunio di Totti nel 2006, era un giocatore importantissimo. Quel periodo lì sono riuscito a prendere la squadra per mano, ero spesso protagonista. Poi dopo il suo rientro ho mantenuto la regolarità e insieme a lui abbiamo fatto cose importanti”.

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