Malagò all’attacco: «Fossi in Tavecchio mi dimetterei…»

La Gazzetta dello Sport (A.Catapano) – Il day after di Carlo Tavecchio, nel ciclismo, sarebbe stato uno di quei tapponi di montagna che danno il meglio nella prima parte: si annunciano tremendi già a pochi chilometri dal via, con la prima cima da scalare dopo poche pedalate, ma col passare dei chilometri addolciscono le pendenze, e non prevedono arrivo in salita.

IL TEOREMA – Il buongiorno, al presidente federale, lo hanno dato i giornali e i social, un fuoco di fila ampiamente atteso, ma comunque rilevante per toni e compattezza. Un brutto segnale, di fronte al quale Tavecchio ha scelto di rompere le 48 ore di silenziose riflessioni che si era dato la sera prima. «Siamo profondamente amareggiati e delusi per la mancata qualificazione al Mondiale, è un insuccesso sportivo che necessita una soluzione condivisa e per questo – ha annunciato – ho convocato domani una riunione con tutte le componenti federali per fare un’analisi approfondita e decidere le scelte future». Una mossa intelligente, perché in un colpo solo il presidente federale ha calciato il pallone 24 ore più avanti e ha messo il proprio destino nelle mani del Consiglio federale, chiamato a trovare la «soluzione univoca» che non deve salvare Tavecchio, ma l’integrità e l’autonomia di tutto il sistema, ancora una volta «aggredito» da forze esterne. Il teorema con cui oggi, come vedremo in seguito, il numero uno della Figc proverà a compattare maggioranza e opposizione del Consiglio. Operazione già avviata ieri, trovando subito l’adesione di Gravina e, per cominciare, la disponibilità a discuterne di Tommasi.

IL SIGNOR… – Neanche a farlo apposta, poco dopo, dal Salone d’onore del Coni dove aveva appena tenuto a battesimo il restyling dello stadio dell’Atalanta – realizzato grazie a Credito Sportivo e Ubi banca –, il presidente Giovanni Malagò lo scaricava ufficialmente: «Fossi in lui mi dimetterei». Con l’aggiunta di una postilla velenosa perfino nella forma. «Poi se il signor Tavecchio ritiene, magari dopo ieri, di essere la persona maggiormente deputata per portare avanti il nuovo corso della Federcalcio, si assume la responsabilità di questa decisione». Anche perché, come deve ammettere lo stesso Malagò, non avendo compiuto gravi irregolarità amministrative né bloccato i campionati, commissariarlo è impossibile. Lo sa bene il ministro per lo Sport Luca Lotti che dallo stesso palco si mantiene più prudente, non si sa se per convinzione o per convenienza, ma intanto evita accuratamente di fare nomi e cognomi, limitandosi ad invocare «rifondazione» e «scelte coraggiose». E quando gli citano le dimissioni auspicate da Malagò, la sua risposta è perfino sorprendente: «Non commento le dichiarazioni del presidente del Coni».

STERZATA – La mancata aggressione della politica (in qualche caso addirittura il sostegno, come quello pubblico del vice segretario della Lega Nord Giancarlo Giorgetti, o quello privato che gli fa arrivare Silvio Berlusconi) è il primo segnale che il peggio per il ciclista Tavecchio sembra passato. Inizia la discesa. Così, per un De Laurentiis che ne chiede le dimissioni (chiamando in causa anche le responsabilità del d.g. Uva e del Coni), Tavecchio riceve le telefonate di sostegno di alcuni grandi club della Serie A, preoccupati che il percorso di riforme avviato tanti mesi fa si interrompa proprio a un passo dal rinnovo delle cariche. E incassate pure le rassicurazioni di Infront sulla fedeltà degli sponsor, il presidente federale trascorre il pomeriggio a pianificare l’appuntamento di oggi. Convoca Cosimo Sibilia e con il vicario butta giù una road map che gli consenta di superare la tempesta. Primo: offrire al popolo indignato lo scalpo di Ventura, costi quel che costi. Secondo: annunciare al più presto il nome del sostituto, possibilmente uno tra Ancelotti, Conte e Mancini. Terzo: condividere con tutte le componenti una lista di provvedimenti urgenti con cui aprire la nuova stagione del calcio italiano. Un cambio di passo che sia immediatamente percepibile attraverso 2-3 scelte spot: la limitazione all’uso degli extracomunitari, il taglio delle squadre professionistiche, la scelta di un grande ex cui affidare la ricostruzione dell’immagine federale, uno alla Paolo Maldini per intenderci. Non basterà, ma potrebbe essere una buona ripartenza. Anche se il vero interrogativo è un altro: Tavecchio avrà la forza per imporre la sterzata?

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