Il lungo gelo tra De Rossi e Zeman

Corriere dello Sport (R.Maida) – Non si piacevano, se lo dissero quasi subito. Anzi, in verità si capì da prima che si incontrassero quando Zdenek Zeman, in una delle prime chiacchierate da allenatore della Roma, svelò: «De Rossi non è un regista, semmai un interno». Apriti cielo. Il messaggio era evidente. Per il mio calcio serve un altro tipo di organizzatore di gioco. Con uno dei suoi paradossi, Zeman convinse Sabatini a comprare un giovane pennellone greco, Panagiotis Tachtsidis. Sembrava niente, diventò il caos. Domani Zeman e De Rossi si rivedono da avversari allo stadio Adriatico. Si saluteranno o forse no ma non è questo che ci interessa. E’ più utile cercare di capire come mai i due si siano cordialmente detestati per sei mesi, dalla prima stretta di mano nel secondo ritiro estivo di Irdning alla triste mattina del cambio di allenatore, con Baldini e Sabatini assediati dai tifosi sotto allo studio Tonucci.

LAVORO – Tutto nacque con un ritardo. Giustificato. Estate 2012: Zeman aveva già portato la Roma a Brunico e poi negli Stati Uniti ma chiese e ottenne dalla società una seconda tranche di allenamenti in montagna, in Austria. De Rossi arrivò, si confrontò con i compagni e poi disse con franchezza: «Mister, noi le doppie sedute non le vorremmo più fare». Dopo l’esperienza con Luis Enrique, che aveva alleggerito le tensioni ed eliminato i ritiri, si faceva portavoce di un sentimento di autogestione che non si sposava con la mentalità di Zeman. Non si sa fino a che punto sia arrivato lo scontro di culture ma sul piano tecnico si capì alla seconda giornata che l’allenatore faceva sul serio: a San Siro contro l’Inter schierò Tachtsidis regista e De Rossi interno. La Roma, è bene ricordarlo, vinse 3-1.

LA SFIDA – Ma il caso esplose poche settimane dopo, dopo la “solita” sconfitta allo Juventus Stadium. Negli spogliatoi Zeman e De Rossi ebbero un duro confronto, con De Rossi che rimproverò al capo di avere «preparato la partita come se fosse una crociata». Dopo la doccia, il giocatore andò davanti alle telecamere e pronunciò la frase della definitiva rottura: «Chi parla di Roma da scudetto, vuole il male della Roma». Era stato Zeman, naturalmente, a stuzzicare la fantasia e i sogni dei tifosi, assicurando di poter competere per il vertice. Da quel momento De Rossi è stato escluso in diversi casi: una volta (contro l’Atalanta) per mai chiariti motivi disciplinari, poi per scelta tecnica. «Nel ruolo di regista anche Bradley è meglio» spiegava Zeman. De Rossi non pronunciò mai una parola in pubblico per sfogarsi, scegliendo altre strade per far valere i gradi di vicecapitano. Anche in seguito, ha liquidato con l’aggettivo «difficile» il periodo di convivenza con Zeman. Che invece anche ieri ha rimarcato la disistima assoluta verso il calciatore: «Nelle pagelle aveva la media del 4,5». Come la Roma di quei tempi: sgangherata, squilibrata e, per dirla con Zeman, senza regole.

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