Il Messaggero – L’impronta di Luis in tre mosse

Il penta-ciclo che attende la Roma, da qui alla sosta di Natale, è quantomeno impegnativo. Per il grado di difficoltà dei match. Quattro trasferte nei cinque incontri in programma, da venerdì prossimo a mercoledì 21 dicembre: Udine, Firenze, Napoli e Bologna. In mezzo, tanto per gradire, il monday night del 12 dicembre all’Olimpico, ospite la Juventus.
Ma Luis Enrique, con i due successi di fila, sembra essere sempre più al centro dello spogliatoio, cioè il gruppo lo segue senza se e senza ma, anche se l’assenza pesante di Burdisso, ieri ha lasciato la clinica dopo l’intervento al ginocchio sinistro di domenica mattina, e l’affidabilità minima di Juan, l’altro (teorico) titolare al centro della difesa, potrebbero incidere in una fase cruciale del torneo. Il tecnico asturiano, appoggiato anche per iscritto dalla Sud per la sua idea di calcio propositivo, ha dato un’identità precisa e affascinante alla Roma.
L’ha plasmata, fregandosene anche di critiche spesso vigliacche e soprattutto infondate, a sua immagine e somiglianza. Gli sono bastate tre mosse: 1) puntare sui giovani e in assoluto sui nuovi, rinunciando a quasi tutta la vecchia guardia; 2) scegliendo De Rossi, Gago e Pjanic per il centrocampo, il meno esposto ormai alla rotazione; 3) schierando sempre e comunque Osvaldo, diventato l’unico vero punto di riferimento per l’attacco. Sono tre messaggi inequivocabili di Lucho per il gruppo, a prescindere dalle 13 formazioni diverse nei 13 incontri ufficiali. Prende forma, insomma, almeno mezza formazione base. Mezza perché le modifiche dietro ci continueranno a essere, considerati i problemi psicologici (di natura diversa) di Kjaer e Juan, e anche davanti il turn over tra le punte continuerà, anche perché è appena tornato Totti e al più presto rivedremo pure Borini. Mezza perché, senza contare il portiere Stekelenburg, sono cinque i giocatori che vanno ritenuti titolari: Rosi va sommato proprio a De Rossi, Gago, Pjanic e Osvaldo. Cinque fissi, ma spazio soprattutto ai giocatori arrivati in estate. La prima delle tre mosse, dunque.

Otto nuovi su undici contro il Lecce. I tre vecchi sono De Rossi, inamovibile con qualsiasi tecnico, Rosi, rigenerato da Luis Enrique quando per molti doveva essere ceduto, e Taddei, riadattato da terzino fluidificante. Gli ultimi due, per certi versi, dovrebbero far parte della lista dei nuovi. I senatori, in attesa di possibili cessioni a gennaio, sono solo ricambi. De Rossi, Gago e Pjanic: a centrocampo, settore fondamentale per il calcio di Lucho, cambiano le posizioni e non gli interpreti. E’ la mossa numero due. La Roma, pure se non sembra, è Osvaldo-dipendente. Non per i gol dell’attaccante, per i movimenti. E’ la terza mossa. A segnare ci hanno pensato anche altri: 9 marcatori differenti, solo il Milan può contarne di più, 11. Sono 6 i nuovi ad aver fatto centro: Osvaldo, Bojan, Borini, Lamela, Pjanic e Gago. Solo 3 i vecchi: De Rossi, Simplicio e Burdisso. Scontato che 12 su 15 reti siano state firmate da chi nella scorsa stagione non c’era. Indicativo che, invece, l’ultimo gol dei 15, quello di Gago, sia pure il primo realizzato da fuori area, 204 giorni dopo quello su punizione di Totti allo stadio San Nicola, il 1° maggio contro il Bari. Se la zona preferita resta l’area di rigore, vuol dire che l’impronta di Luis Enrique c’è e si vede.
Il Messaggero – Ugo Trani

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