Gazzetta dello Sport – Povera Roma gol e durata i dolori di Luis

Luis Enrique come Mazzone. Zichichi sulle orme del Magara. L’avreste mai detto? La Roma dell’asturiano segna quanto quella del trasteverino, almeno in trasferta: 5 gol in sette partite, una miseria. Peggio la Roma aveva fatto solo nel 1993, diciotto anni fa, quando ne segnò 4 con Mazzone alla guida, appunto. Anche lui era all’esordio sulla panchina giallorossa. Se le proiezioni hanno un senso, c’è poco da stare allegri: quella squadra, con 15 punti dopo 14 giornate (19 con il sistema attuale), rischiò la retrocessionee recuperò nel finale, 7a ma fuori dall’Europa. Questa, dopo 14 gare 10a con 18 punti, dove riuscirà ad arrivare?

STITICHEZZA – Poco lontano, se manterrà queste medie. A Luis Enrique piacciono le statistiche, ma solo quelle che gli fanno comodo: la Roma è 2a nella classifica del possesso palla, 3a per palle giocate, 3a nei passaggi riusciti, 2a per supremazia territoriale e 4a per pericolosità. Uno squadrone! Dovrebbe lottare per lo scudetto. E invece, le statistiche che contano presentano numeri diversi: solo il 9° posto nella classifica dei tiri dentro la porta, solo il 7° attacco del campionato, 16 reti segnate in 14 gare (1,1 a partita), appena 10 quelle realizzate dagli attaccanti. L’ultima, oltretutto, risale alla notte dei tempi: è il 2-0 di Osvaldo a Novara, era il 5 novembre, quasi un mese e mezzo fa. La rete dell’italoargentino è stata anche l’ultima realizzata dalla Roma in trasferta. Dopo, lontano dall’Olimpico sono arrivati solo schiaffoni: due a Udine e tre a Firenze. Napoli, con le sue bocche di fuoco, fa davvero paura.

RISCATTO – Ma quelle della Roma? Mica resteranno a guardare anche al San Paolo. Totti e Osvaldo qualche motivo di rivalsa ce l’hanno. Solo un gol può restituirgli serenità. Il capitano — che non segna dal 22 maggio e mai era rimasto a secco nella sua carriera nelle prime 14 giornate — è stato fin troppo chiaro: «Spero che questo 2011 finisca presto…“. Per lui, in effetti, è stato un calvario, soprattutto la seconda parte: le iniziali incomprensioni con Luis Enrique, la collocazione in campo lontano dalla porta, gli infortuni, il ritorno, il rigore sbagliato contro la Juventus, gli insulti dei tifosi, lo sfogo. Osvaldo, sbarcato a Roma per la modica cifra di 15 milioni di euro e subito ribattezzato Cipolla, aveva ingranato la marcia, segnando cinque gol uno dietro l’altro. Fino a Novara. Dopo, è stato un precipizio di litigi, cazzotti, sospensioni e altri litigi. Lui — che pure resta il marcatore più prolifico della Roma di Luis Enrique — più degli altri intende vedere Napoli e risorgere.

CROLLI – A patto che la squadra lo assista, fino all’ultimo. È nel finale che la squadra, puntualmente, si perde. Nella classifica dei secondi tempi la Roma occuperebbe l’ultimo posto, con 12 miseri punticini. Se, invece, le partite finissero al 45′, sarebbe terza, con 23 punti. Da mesi ci si dibatte sulla reale natura di questi crolli. Luis Enrique è convinto che sia solo un problema di testa. Ma allora che ci sta a fare il mental coach?
Gazzetta dello Sport – Alessandro Catapano

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