la Gazzetta dello Sport – Una Roma più umana democratica e libera

Si vincono le partite con l’umanità? Fa onore a Luis Enrique che dalla sua conoscenza i giocatori abbiano tratto, appunto, “grande umanità”. L’uomo, lo hanno celebrato tutti: da Totti a Bojan, ovviamente De Rossi. “Come era umano lui”, un coro unanime. Perché Luis è stato un “puro”, e lo è stato con tutti. Celebre, in questo senso, una delle ultime frasi lasciate ai posteri: “Se tengo fuori Totti o De Rossi, succede l’inferno. Perché non succede con Curci?”. L’allenatore, invece, lo hanno capito di meno, qualcuno per niente. Pure qui, emblematico il racconto di De Rossi: “Quando abbiamo capito che il possesso palla non ci portava da nessuna parte, abbiamo pensato a qualche correttivo”. Tradotto: hanno fatto come gli pareva. Ma nemmeno il libero arbitrio li ha portati da qualche parte, anzi da quel punto la squadra ha perso pure l’identità.

Tutti uguali – Eppure tracce del passaggio di Luis Enrique resteranno, soprattutto se chi gli succederà non butterà tutto a mare, ma piuttosto si metterà nella sua scia. Come si comporterà Montella, il candidato più forte alla successione? Cosa conserverà della gestione Luis? L’umanità, con l’asturiano, è andata a braccetto con la meritocrazia, questa sì davvero una sconosciuta a Trigoria. Forse l’unica rivoluzione riuscita: trattare tutti allo stesso modo, senatori e giovani, belle gioie e faticatori. Con Luis Enrique ha giocato quasi sempre chi si era allenato più e/o meglio. Un esempio per tutti: Bojan, che doveva essere il suo pupillo, ha fatto l’abbonamento alla panchina. Il quasi è legato a certe presenze di Totti: ma anche qui, non per riverenza al curriculum, ma perché in certe partite, con la squadra allo sbando, serviva il peso specifico del capitano.

Ma quante concessioni – A proposito di pesi, l’avventura di Luis Enrique è partita con “trabajo y sudor”. Lo ha ricordato anche lui, in una delle ultime conferenze. “A Brunico i tifosi mi urlavano di far correre i calciatori”. Poi, però, “si sono scandalizzati la prima volta che ho sostituito Totti…”. Luis Enrique voleva essere un hombre vertical fino in fondo, ma pure lui ad un certo punto ha dovuto accettare qualche compromesso: orari degli allenamenti su misura dei desiderata dei calciatori, ritiri aboliti, trasferte in giornata per non farli stare troppo lontani da casa. Tante e tali concessioni per responsabilizzarli che alla fine, vedendoli in campo e ascoltandoli parlare, sono rimasti due grandi dubbi: se la meritavano tutta quella libertà? E se non l’avessero avuta, avrebbe parlato così bene del loro allenatore? Mica facile per chi arriverà. Montella, almeno, c’è già passato.

La Gazzetta dello Sport – Alessandro Catapano

 

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti