La Repubblica – Il risveglio di Luis Enrique. Troppi limiti nella Roma, ora si aggrappa a De Rossi

Ameno che Marquinho non si riveli un altro De Rossi, a meno che non sia capace di sdoppiarsi, cucinare, cantare in latino e all’occorrenza fare anche il portiere volante, la Roma è un po’ nei guai. Lo sono un tecnico che ormai stenta a riconoscere le proprie innovazioni, una società costretta a confermare le proprie scelte (“Luis Enrique non si tocca!”) e un gruppo di giocatori ognuno dei quali, ognuno a modo suo, incarna le difficoltà e i limiti del momento: Rosi perché ha corsa ma pochi piedi, Totti e Taddei forse troppi anni per il numero di partite, Simplicio troppi chili, Gago troppa flemma, De Rossi troppa pubalgia, Greco inadeguatezza, Lamela incostanza. Solo Pjanic e Borini mantengono vivo il ricordo di un’altra e più sfacciata Roma, non sempre vincente ma almeno dinamica e coraggiosa. Sette sconfitte in campionato di cui almeno quattro inspiegabili, a cominciare da quella di mercoledì contro il Cagliari (la Roma era in vantaggio 2-1). Partite enigmatiche (e meno male che a Catania non è ancora finita).

Fuori dall’Europa League con lo Slovan. Accecata dalla Juventus in Coppa Italia. Ieri a Trigoria Luis Enrique ha strigliato i suoi per un’ora chiedendo “maggiore concentrazione” e prendendosela soprattutto con i giovani (Bojan, Lamela, Kjaer e Angel). Ma anche lui traballa. I giocatori si sono confrontati fra loro. Senza testa qualunque applicazione si dissolve in confusione. Con la testa ci si rialza in un attimo. L’entusiasmo può risolvere una partita. Può funzionare quando il Cesena ti apre le braccia, non per un campionato intero. Certo il sistema “Lucho” è fortemente vincolato alla presenza di De Rossi, l’unico calciatore capace di moltiplicarsi. E ai gol di Osvaldo. Senza Daniele, e come ieri senza Heinze, la difesa della Roma (protetta da un centrocampo impalpabile) diventa quella del Cesena. Von Bergen vale Kjaer. E Juan (malgrado i due gol segnati) non vale più se stesso. Non c’è alternativa a Luis Enrique, dice il club. Ma non si può non avere un’alternativa alla Roma delle ultime inquietanti epifanie. Deve esserci. Domani rientrerà De Rossi. L’Inter arriva a proposito. O vinci o piangi.

La Repubblica – M. Pinci, E. Sisti

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