Lucio, modulo di traverso

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Il Messaggero (U. Trani) – La svolta c’è stata, basta guardare la classifica per averne la certezza. In meno di un mese, la Roma è tornata protagonista, con 4 vittorie di fila e 13 punti in 6 partite. Venerdì ha superato il Carpi a Modena e si è presa il 3˚ posto, in attesa di Fiorentina-Inter, scontro diretto per il podio Champions, in programma stasera al Franchi. Il salto in alto è la conseguenza della striscia positiva, simile a quella di fine ottobre che consentì a Garcia di conquistare la vetta in solitudine. Il nuovo corso sta insomma pagando e dando ragione al presidente Pallotta e al suo braccio destro Zecca che hanno spinto per il ribaltone contro il parere dei dirigenti italiani Baldissoni e Sabatini, convinti che la situazione, intervenendo in corsa, sarebbe invece peggiorata. Il mercato di riparazione, stop il 1˚ febbraio, è stato dunque utile e non scellerato come l’anno scorso. Ma, come si è visto nell’ultima trasferta in Emilia, l’acquisto che sta facendo la differenza è in panchina: Spalletti incide più di qualsiasi rinforzo. Il Real di Zidane ne dovrà tenere conto. I giallorossi non sono più quelli della prima fase.

GRAN CAPO – Lucio è sempre più al centro della Roma. Comunica all’esterno come gli altri, in 5 anni, non hanno mai saputo fare e decide all’interno con il coraggio e la forza che, ultimamente, nessuno ha mai mostrato. Il passato gli ha insegnato tanto. Prima della gara contro la Sampdoria, ha cancellato l’alibi che è andato bene per tutte le stagioni: l’ambiente, con i risultati, non c’entra niente. «Smettiamola», l’input. Non per la piazza, ma per chi lo circonda. La faccia della credibilità, ormai, è solo la sua. A parole e nei fatti. Si informa pure sulle questioni societarie. Per evitare certe brutte figure alle quali fu esposto dalla vecchia proprietà. Da Pallotta ha avuto carta bianca. A Trigoria è l’unico riferimento. In campo e fuori. Per i giocatori, i medici e i collaboratori tutti. Governa lui, a 360 gradi. Si fa solo quello che dice lui.

SENZA PARAGONE – Spalletti ha provato, nella prima e nell’ultima delle 6 partite della sua gestione tecnica, a riproporre il 4-2-3-1, cioè il sistema di gioco che ha caratterizzato la sua precedente avventura sulla panchina giallorossa. Ma, a quanto pare, non va più bene per la Roma di oggi. Lucio, contro il Verona, lo ha abbandonato dopo 15 minuti; contro il Carpi, dopo il 1˚ tempo. Attualmente le caratteristiche dei giocatori non gli permettono il ritorno al passato. Meglio la difesa a 3 che diventa a 4 o il 4-1-4-1 che, come si è visto venerdì, garantisce equilibrio ed efficacia. Una mossa, Pjanic al posto di El Shararawy, per la vittoria. Con Vainqueur a far da scudo. Ma lì ci sta bene pure De Rossi. O Keita. In futuro, Strootman. Il suo disegno è chiaro: mettere nelle condizioni migliori Nainggolan (avvicinato alla porta), Pjanic (da regista offensivo), Salah (allargato per cercare l’uno contro uno), Perotti (spostato sulla fascia dove ha più libertà) e lo stesso Dzeko (garantendogli la collaborazione dei compagni). Il centravanti, a Modena, è tornato decisivo. Con il gol del sorpasso.

GRUPPO RIQUALIFICATO – Il coinvolgimento, da quando è tornato, è totale: i giocatori lo hanno capito. Nessuno si sente escluso a priori. Chi merita, avrà prima o poi la sua chance. Nelle prime 4 gare ha utilizzato 23 giocatori: messaggio inequivocabile per chi deve seguirlo. Anche sotto la curva dei tifosi, come è successo a Modena. Tutti dietro Spalletti che, sotto il diluvio, ha fatto da apripista per l’abbraccio con la gente. Che vorrebbe rivedere pure all’Olimpico. Magari già da mercoledì, in Champions, contro il Real.

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