Il Messaggero – Lobont, il gatto portafortuna coccolato dai compagni

Più lo criticano e più lui para. Magari a suo modo, bloccando raramente il pallone o rimediando ad errori con interventi da campione. Fatto sta che quando gioca Lobont, la Roma difficilmente perde e spesso non subisce reti. Un copione che dopo esser andato in scena contro l’Inter a San Siro (0-0) e a Parma (primo successo stagionale di Luis Enrique, 1-0), si è ripetuto anche a Palermo: vittoria per 1-0, tre punti in più in classifica e zero gol al passivo.

A conti fatti “Pisca” – come viene soprannominato in Romania (traduzione: il gatto) – è certamente un portafortuna. Il suo ruolino di marcia in stagione è quantomeno da Champions: 546 minuti giocati con 3 vittorie (Parma, Atalanta e Palermo), 2 pareggi (Inter e Siena) e una sconfitta (nel derby di ritorno contro la Lazio). Sabato al Barbera è stato insieme con Borini e Lamela il migliore in campo. Nel primo tempo si è mostrato immediatamente reattivo su un sinistro di Balzaretti, su un tiro-cross di Miccoli e su una conclusione dal limite di Mantovani. Ma è nella ripresa che è risultato decisivo: dopo aver perso un pallone in uscita, si è opposto da campione a Miccoli, salvando un gol già fatto. Non contento, nel finale ha effettuato la parata da tre punti sulla girata di Munoz.

Del resto Lobont è fatto così: non ruba certo l’occhio per lo stile ma in quanto a sostanza, difficilmente delude. Grazie a lui, la Roma dopo 80 giorni è tornata a non subire reti in trasferta: l’ultima volta (non considerando i 25 minuti di Catania) era accaduto a Bologna, il 21 dicembre scorso.

Chi lo conosce bene a Trigoria lo dipinge come “un ragazzo fantastico, grande lavoratore, una persona che pur non giocando spesso fa gruppo. E poi, come portiere, dà sicurezza: legge le situazioni, è bravo con i piedi. Averne di calciatori così”. La Roma ce l’ha e se lo tiene ben stretto. Ora tornerà in panchina – “Il mio compito l’ho fatto, ora spazio a Stekelenburg” – per farsi trovare pronto quando verrà chiamato nuovamente in campo.

Il Messaggero – Stefano Carina

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