Ljajic e il Toro. C’è Mihajlovic come arma di seduzione

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La Gazzetta dello Sport (G.Sardelli) – «Quando Ljajic segnerà su azione, pagherò una cena di pesce a tutta la squadra». Lo aveva promesso Sinisa Mihajlovic e l’accordo fu mantenuto. Il 9 gennaio 2011 Adem segnò il gol vittoria della Fiorentina contro il Brescia a pochi minuti dal termine, completando una rimonta clamorosa: terzo acuto in campionato, primo su azione. Finì 3-2, e il tiro a girare salvò probabilmente la panchina di Sinisa. Ljajic festeggiò saltando al collo del proprio allenatore che nello stesso mese pagò effettivamente la cena a tutta la squadra. Adem era viola da un anno, mentre Sinisa si era seduto sulla panchina della Fiorentina pochi mesi prima. Il rapporto fra i due, nel bene e nel male, è sempre stato speciale.

NON C’E’ DUE SENZA TRE – Insieme a Firenze, idem nella nazionale serba. Ad un passo anche il terzo matrimonio fra le parti, quello da celebrare al Torino. I granata sono forti di un accordo totale con la Roma anche grazie all’incontro di ieri fra i due d.s., Petrachi e Sabatini. Trasferimento a titolo definitivo (circa 7 milioni), ma operazione non conclusa. Serve infatti l’ok del calciatore che deciderà nel giro di qualche giorno, valutando ogni aspetto. Ljajic, che piaceva molto anche a Ventura, in caso di assenso firmerà il quadriennale che lo porterà alla corte del club di Cairo. Il Toro fa leva proprio sul rapporto tra Adem e Mihajlovic per abbassare le ultime pretese economiche.

NUTELLINO E INNO – Pupillo tecnico. Ma anche caratteristiche in grado di farlo arrabbiare come pochi. Sinisa non ha mai avuto un singolo dubbio sulle qualità di Ljajic: semmai ha sentito la necessità di spronarlo un giorno sì e l’altro pure. «Dovrebbe giocare meno alla Playstation», disse una volta. Aggiungendo: «E magari mangiare meno nutella». Da lì a Firenze Adem divenne Nutellino. Pronto però a difenderlo quando alcune voci su qualche serata «rumorosa» nella zona di Via dell’Arcolaio (dove viveva), rischiavano di minarne l’immagine. Il punto più basso del rapporto? Quando Sinisa guidava la Serbia e Ljajic si rifiutò di cantare l’inno nazionale per «ragioni personali», essendo il calciatore nato in una regione al confine con il Kosovo, regione a popolazione in maggioranza musulmana (lui stesso lo è). «Cantare l’inno fa parte del codice comportamentale che lui ha accettato e firmato» tuonò Mihajlovic. Pupillo sì. Ma sui principi non si deroga.

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