L’ira del Tav

Corriere dello Sport (F.M.Splendore) – Ha urlato Carlo Tavecchio. Dalle scarpe non si è tolto sassi, ma vere e proprie pietre. Ha rivendicato cose fatte e risultati ottenuti, ha parlato in francese prendendo lo spunto da uno… “chapeau”, che Giovanni Malagò ha rivolto al mondo dilettantistico. Ha voluto restituire al capo del Coni e al ministro dello Sport Lotti quello che si è sentito di aver ricevuto contro, dalla debacle di San Siro in poi. Si è addossato – con ironia – una sola responsabilità: «Quella di non aver cambiato l’allenatore dell’Italia tra il primo e il secondo tempo di Milano. La verità è che un gol ha cambiato il mondo. Una settimana fa tutte queste fibrillazioni politiche non c’erano». E già, perché Tavecchio si sente vittima di uno «sciacallaggio politico» e lo ha detto ai consiglieri nel comunicare le sue dimissioni. Lo ha ripetuto nella chiusura della conferenza stampa di addio lanciando un altro dardo: «Sulla Lega nazionale dilettanti sono state fatte pressioni inimmaginabili. E l’affronto più grande al Consiglio è stato di tenere escluso l’attore più importante del sistema che è la Lega di Serie A».

IL QUADRO – Ha raccontato gli ultimi minuti da presidente e gli ultimi giorni di questo mandato. «Ho rassegnato le mie dimissioni e ho chiesto come mero atto politico, quelle del consiglio. Nessuno le ha rassegnate. Questo è un sistema sportivo che si permette di prendere decisioni gravi quando il soggetto più importante, il fornitore delle risorse del sistema Italia, non solo del calcio, è assente. La serie A e la serie B non ci sono. Qualcuno, quando B ed A avranno i loro consigli, dovrà spiegare questa accelerazione che le ha escluse. Qualcuno, non certo io. Quando ho avuto la netta sensazione che la mia componente ha fatto considerazioni che non promettevano il sostegno, non ho pensato un istante. E mi sono dimesso alle dodici meno un quarto. Tradimento, no, parola troppo forte: scelte politiche legittime. Certo non me le aspettavo».

I COLPI – «Sono stato portato ad accettare il commissariamento della Lega di Milano per un atto di assoluta indipendenza della Figc da chicchessia. Questo non è parso un atto di riverenza. Ma noi riverenze non ne facciamo a nessuno perché noi viviamo di mezzi e sussistenze proprie». E poi il presidente del Coni. «Ha detto che il ct Ventura lo ha scelto Lippi. Io non lo ho mai detto, io le cene private non le metto in piazza. Ho sempre detto che la scelta era mia, ora sapete che non è vero (Lippi dirà altro). Se quel palo fosse entrato Carlo Tavecchio era un campione? No, era lo stesso uguale. Servono riforme generali del sistema, non concentrate attorno a un campo di calcio. Ditemi i risultati delle altre federazioni sportive, ditemeli». Ancora su Malagò. «Ha parlato bene il presidente del Coni, dicendo “chapeau” al mondo dilettantistico: il mondo dilettantistico è stato costruito, amato, ho fatto una squadra nel 1974, da 44 anni ogni mia indennità è confluita lì. E dobbiamo imparare da chi “chapeau”? Da chi? Lo dico io chapeau!».

ALL’INCASSO – Snocciola il suo lavoro, i suoi rapporti Carlo Tavecchio. «Vogliamo parlare dei rapporti internazionali? Chi è andato a Istanbul a risolvere la questione dell’Uefa, chi per la questione della Fifa? Siamo stati rappresentati come la prima nazione d’Europa che sostiene il calcio internazionale. Quattro squadre in Champions sono venute fuori perché Tavecchio ha la giacca blu? No, abbiamo cambiato gli equilibri europei. Uva è vice presidente Uefa perché è bello? Sarà pure bello, ma non solo… La Christillin è in Fifa perché? Chi ha fatto queste operazioni? Gli gnomi dietro le scrivanie italiche? Come la tecnologia: ho scritto per primo in Europa a Blatter nel 2014. Su questo argomento dico primo Biscardi, che la invocava da sempre, secondo Tavecchio. Se pensate che io abbia bisogno di questa scrivania dopo 35 anni di banca, 20 anni di sindaco e 20 di dilettanti, no, io no».

IL NODO DEL CT – Tutti hanno evocato il grande ct dopo la debacle azzurra. Tavecchio non ci sta. «Noi giocheremo le prime partite a marzo. Ma tutti avevano bisogno del grande ct subito. Non potevamo avere i nostri tecnici per fare due amichevoli? Ho parlato con 4-5 grandi allenatori, tutti impegnati, potranno dire la loro fra poco o fra tanto. Ma a nessuno si può mettere in bocca che non veniva per Carlo Tavecchio. E’ una falsità totale, una menzogna». A domanda risponde sull’ingombro Lotito. «Lotito ingombrante? Lo è per statura ovunque va, ma è una persona per bene». Il finale, a domanda, è ancora su Malagò. «Ho condiviso tutte le scelte con lui». La pressione “politica” è quella che ha sofferto di più: «Le dichiarazioni virgolettate si prendono in considerazione. Il ministro si è speso quotidianamente». Gli dicono che è stata battuta una agenzia in cui il presidente del Coni parla di commissariamento. «E’ molto grave: ci sono leggi e statuti, non può fare come vuole». E si finisce parlando del suo futuro nel calcio. Tavecchio avvisa tutti, Manzoni parlava di provvida sventura: «in ogni sventura c’è una piccola parte di provvidenza, se questa piccola parte di provvidenza mi farà capire qualcosa valuterò».

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