L’esame di Montella. Assalto alla Roma per blindare il Milan. Decollo o turbolenze

La Gazzetta dello Sport (M.Pasotto – A.Pugliese) – Ansia (eccessiva). Attenzione (carente). Entusiasmo (smarrito). I concetti espressi in antivigilia ieri hanno mutato forma e la fase oggettivamente analitica ha ceduto il posto ai buoni propositi, perché la settimana processuale è già stata abbastanza lunga così. La più lunga e la più difficile vissuta su questa panchina da Vincenzo Montella, che oggi pomeriggio si trova davanti a un bivio molto simile alle classiche due porte chiuse: se apri quella giusta può essere la svolta; se imbocchi quella sbagliata ti aspetta l’ignoto. Il Milan, dopo la dura reprimenda pubblica dell’a.d. Fassone – a cui è seguita quella privata – andata in scena a Marassi, ha poi saggiamente buttato all’allenatore un salvagente bello gonfio. «Ha piena fiducia e pieno sostegno – le parole del d.s. Mirabelli prima della sfida col Rijeka –. Crediamo in questo progetto con Montella e vogliamo arrivare a fare questo percorso fino alla fine con lui. Ce lo teniamo ben stretto». A prima vista, un po’ più di una diplomatica difesa d’ufficio. Anche perché se il progetto tecnico naufragasse in tempi così rapidi, ovviamente a rimetterci sarebbero tutti.

EMOZIONI – Di certo Vincenzo resta sotto osservazione, dopo una recita europea che ha aumentato le perplessità, più che allontanarle. Così Roma e derby rimangono crocevia particolarmente delicati. Per la squadra e per lui. Quella maledetta asticella si alza ulteriormente e di tempo per dimostrare di essere all’altezza delle dirette concorrenti per i primi quattro posti non ce n’è: occorre farlo subito. Vincenzo ieri ha detto che questa per lui non sarà una partita normale. Ovviamente non si riferiva alla temperatura della sua panchina, ma al lato emotivo. Perché oggi ci sarà anche quello. Risollevarsi provando a spegnere la Roma, una squadra che gli è rimasta sulla pelle e nel cuore, e che – guarda tu l’ingratitudine – da allenatore gli ha consegnato solo guai. Undici incroci in campionato fra Catania, Fiorentina, Samp e Milan e nemmeno un sorriso. Otto sconfitte e tre pari, anche se poi ci sono i precedenti con la Fiorentina di coppa (due vittorie e un pari, con qualificazione in Coppa Italia e Europa League). Numeri che di certo non gli guastano i ricordi giallorossi. «Affrontare la Roma è un circolo di emozioni – raccontava ieri –. Roma è la mia casa, non può essere una partita normale perché ho tanto affetto e tanti legami. E farà strano non ritrovare Totti». Vincenzo, arrivato nel ‘99 per 50 miliardi, è stato amato come pochi altri. A volerlo fu Zeman, che però fu esonerato prima del suo arrivo per lasciare il posto a Capello, con cui non legò mai. Tra le giornate indimenticabili c’è il poker alla Lazio nel 2002 e i gol alla Juventus (2-2) e al Parma (3-1) nell’anno dello scudetto, pesantissimi per il titolo. Ma anche la doppietta nel derby del 1999, appena arrivato, che gli spalancò le porte dei cuori dei tifosi.

FRATELLI – Anche a Roma, comunque, non mancarono le difficoltà. La sofferta relazione con Capello, come accennato, con i continui cambi e un calcio a una bottiglietta, a Napoli, proprio verso il tecnico. Oppure nel 2004-05, quando fu l’anima della squadra e polemizzò con Baldini, che a inizio stagione lo aveva di fatto venduto. Segnò in un derby e guardando la Sud indicò il campo, come a dire «sono io e sono ancora qua». Quando smise di giocare iniziò ad allenare i Giovanissimi nel 2009, per poi approdare in prima squadra nel febbraio 2011. L’estate successiva però Baldini decise di tagliare nettamente con il passato e preferì Luis Enrique. Tranne poi ricercarlo un anno dopo, subito dopo le dimissioni dello spagnolo. Nulla da fare però, con nuovi attriti sia con Baldini sia con Baldissoni, con l’arrivo successivo a Roma di Zeman. In quegli anni caratterialmente era un altro Montella: Vincenzo reagiva ai problemi e ai malumori in modo piuttosto istintivo e poco propenso all’arte della diplomazia. Ora, con qualche anno in più, da questo punto di vista è senz’altro cambiato. Magari più tagliente, ma anche più riflessivo e «temporeggiatore» quando il vento rinforza. La stagione scorsa, a Reggio contro il Sassuolo, c’era stata bufera anche con il suo amico Di Francesco: colpa del rigore-vittoria «a due tocchi» di Bacca, che nel dopogara aveva scatenato i fumi di Eusebio, poi cancellati in fretta da un rapporto di grande affetto. «È un amico vero», ha detto ieri Montella. «Per me è un fratello», ha replicato il DiFra, che con Vincenzo ha condiviso il settore giovanile dell’Empoli e poi ha giocato insieme in prima squadra. A Empoli hanno anche un negozio di abbigliamento, il Four Sides, assieme a Nicola Caccia, attuale collaboratore di Vincenzo. Ed a Roma hanno diviso spesso la camera, con Di Francesco che era il compagno che consolava Montella quando l’Aeroplanino aveva i suoi problemi con Fabio Capello. Oggi per novanta minuti tutto questo dovrà contare poco o nulla: il passato è un genere di conforto, ma il futuro in questo momento è molto più importante.

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