Repubblica.it – Il progetto è fallito: la delusione dei nuovi

Ventidue minuti per una resa. Mentre Muriel infilava in contropiede la difesa e i sogni europei della Roma, Luis Enrique si afflosciava vuoto su una panchina da cui si sarebbe rialzato soltanto ai titoli di coda. Testa bassa come poche altre volte, labbra strette a nascondere qualsiasi smorfia che potesse somigliare a un sorriso: la sua partita è durata il tempo di uno sbadiglio, o forse non è davvero mai iniziata. Come la stagione, destinata a tramontare sull’orizzonte del fallimento.

ADDIO CHAMPIONS: IL FALLIMENTO DEI “NUOVI” – Già, fallimento. Perché la squadra è tornata a dire addio alla Champions League: la Lazio è nuovamente lontana 7 punti, come dopo la gara con il Milan e come prima del derby. Il segno che in un mese la Roma ha sciupato ogni occasione che un campionato attendista le ha concesso per rientrare in corsa. Anche per questo, a Trigoria è già tempo di bilanci, più che di confronti. Quella umiliata da Muriel e Di Michele, Giacomazzi e Cuadrado, era una Roma quasi completamente figlia della “rivoluzione”: nove undicesimi dello schieramento iniziale (e finale), sono infatti figli del rinnovamento “americano”: Stekelenburg, Kjaer, Heinze, José Angel, Gago, Marquinho, e i tre attaccanti, Bojan, Lamela e Osvaldo. Gli unici superstiti in campo dell’era Sensi, i romani Rosi e De Rossi. Evocativo che a rappresentare la Roma in quello che Sabatini ha definito “Il punto più basso della stagione”, ci fosse tutta o quasi la campagna di rafforzamento della nuova gestione.

SOLITI ERRORI, NESSUN RIMEDIO – Non c’era Totti, capro espiatorio del ko col Milan, e con lui tutta la vecchia guardia sotto accusa dall’inizio della stagione. Sono da cercare soprattutto tra i nuovi, quindi, quei “giocatori sopravvalutati dal punto di vista caratteriale” messi all’indice dal d. g. Baldini nel dopo partita. Gli stessi che hanno svuotato di reazioni il Luis Enrique di Lecce, incapace di chiedere grinta agli interpreti in campo di un gioco tornato stentato, prevedibile, elementare come nelle primissime apparizioni stagionali. Gli errori sono i soliti dall’inizio dell’anno, e rimedi non ne sono mai stati trovati. Pur dopo essersi assunto la responsabilità dell’ennesimo crollo, Luis ha mandato un messaggio rinunciando alla possibilità di effettuare cambi (prima volta in 35 gare stagionali) durante il match: “In questa situazione ci siete finiti voi e voi ve ne assumete le responsabilità”, avrebbe anche ribadito ai suoi negli spogliatoi, per spiegare la scelta ai giocatori. Inevitabile che con molti di loro l’asturiano non voglia tornare a lavorare, visto che “dare le dimissioni non mi passa neanche per la testa”.

IN TANTI IN PARTENZA: PROMOSSI BORINI, PJANIC E OSVALDO – I lavori per la nuova Roma sono già iniziati. Si ripartirà invece da quegli acquisti indovinati: Stekelenburg, nonostante le ultime incertezze. E poi Pjanic, che però dovrà risolvere una eccessiva fragilità mentale nel recupero dagli infortuni. Promossi anche Osvaldo e Borini, forse le uniche note liete dell’anno. Poi, i leader come De Rossi e Totti. Per tutti gli altri, il futuro è un punto interrogativo. In attesa di capire cosa sarà degli indesiderati rientranti (Borriello, Pizarro), la dirigenza dovrà scegliere cosa fare di quei giocatori bocciati o quasi da Luis Enrique. Kjaer, che la Roma riprenderebbe solo in prestito gratuito, potrebbe non essere più gradito. Così come Rosi. Ma anche Gago rischia e persino Bojan, nonostante gli accordi col Barça lo leghino per un altro anno alla capitale. In bilico anche Marquinho (troppi i 4,5 milioni del riscatto) e Heinze (che non vorrebbe restare alle condizioni contrattuali di oggi e aspetta il River). Ma bisogna fare presto, perché quella che sorgerà la prossima estate, dovrà essere davvero la Roma di Luis Enrique: l’asturiano chiederà investimenti mirati nei reparti chiave – esterni, centrocampo – e difensori di personalità: giovani come il neo romanista Dodò, ma soprattutto uomini affermati. “Prenderemo 3 giocatori di livello”, aveva detto Sabatini poco tempo fa. Il tempo degli esperimenti è finito.
Repubblica.it – Matteo Pinci 

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