Le illusioni e i guasti del calciomercato infinito

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Il Mattino (G.Teotino) – Si contano i giorni. Ne mancano ancora una dozzina, ora più ora meno. Tanti. Troppi. Soprattutto se si considera che in mezzo ci sono due giornate di campionato. Una volta il calciomercato era la gioia dei tifosi d’estate, un antidoto alle crisi di astinenza da pallone, un piacevole gioco di società. In spiaggia si aprivano i giornali e…«chi si compra oggi?» domandava il vicino d’ombrellone sapendo che magari le notizie erano un pochino esagerate, ma seguivano un copione preciso: il turnover di giocatori era meno esasperato e per ogni squadra si sapeva chi poteva partire e quali erano gli identikit dei nuovi, i programmi dei club erano piuttosto definiti, cambiavano soltanto in caso di grandi occasioni. Insomma, il tifoso leggeva con curiosità, passione e divertimento le pagine di un romanzo di cui a grandi linee conosceva la trama. Oggi no. È tutto cambiato, e in questo caso non in meglio. Il calcio mercato è diventato un concentrato d’ansia, un thriller sconclusionato in cui il peggio sembra sempre dovere ancora venire. La stessa preparazione delle squadre per la stagione ormai al via ne è condizionata negativamente: altro che lamentarsi per le tournée internazionali, che portano soldi, possibilità di sperimentazioni contro avversari importanti, e consentono anche di farsi conoscere e di rendersi simpatici in Paesi lontani, magari ricchi e perciò portatori sani di nuove risorse per le nostre società un po’ malmesse. Il problema principale degli allenatori moderni non sono i viaggi, né i cambi di fuso orario, è l’impossibilità di lavorare con giocatori sicuri di restare, di sapere chi altro arriverà, persino di programmare un sistema di gioco perché un acquisto o una cessione dell’ultimo minuto potrebbe cambiare completamente lo scenario. Il mercato del calcio è troppo lungo.Lo è in Italia, dove si giocheranno due giornate di campionato con formazioni di precari e poi, dopo la sosta per le nazionali, si ricomincerà daccapo, con squadre diverse e però con i punti, già guadagnati o persi in condizioni di transitorietà, che peseranno tutto l’anno. E lo è altrettanto nel resto d’Europa, dove ci sono Paesi, come l’Inghilterra, la Francia, in genere la Germania, dove la stagione ufficiale comincia ancor prima che da noi.

Dice che la scelta di mantenere queste date è inevitabile perché negli ultimi giorni di agosto si disputano i play off europei. Essere dentro o fuori la Champions, e in proporzioni ridotte, dentro o fuori l’Europa League, cambia la vita di un club, troppi i danari in palio, ci sono squadre che, a seconda degli esiti degli spareggi, debbono poi essere smontate o rimontate. Il ragionamento ha una sua fondatezza, ma, considerato che dalla fine degli euro playoff alla chiusura della campagna trasferimenti vi sono in genere non più di cinque o sei giorni, spesso la toppa riesce peggio del buco. Il mercato del calcio non finisce mai. Viene dato troppo spazio alle operazioni, sempre più frequenti, di procuratori, sempre più potenti, che basano i loro guadagni sui cambi di maglia o sui rinnovi di contratti non in scadenza dei giocatori assistiti. Forme di ricatto, neanche tanto mascherato, che il tempo rende più efficaci: o ci dai l’aumento, o ci cedi a un’altra società che ci offre di più, oppure vedi che non avremo più lo spirito giusto per rendere al massimo. Alla fine la vincono loro, alla fine l’aumento o la cessione vengono quasi sempre concessi. È molto cambiato il mercato del calcio negli ultimi anni. Per certi versi, è diventato più trasparente e spettacolare. Una volta le trattative erano segretissime, venivano annunciati soltanto i trasferimenti già perfezionati, venivano «categoricamente» smentiti affari che invece erano quasi conclusi. Fra i giornali era vera battaglia all’ultimo «buco» e gli operatori erano specializzati in bugie e depistaggi. Oggi è il contrario. Talvolta per un club calcistico il messaggio è più importante della definizione di un acquisto o di una cessione. Tutto avviene alla luce del sole e in tempo reale. Si abbozzano a volte trattative e si organizzano viaggi magari già sapendo che le possibilità di riuscita sono minime o addirittura nulle. Ma è importante far sapere di averci provato, per garantire ai tifosi che si sta facendo di tutto per accontentarli. E quindi c’è sempre una telecamera nascosta o più semplicemente un smartphone sapientemente allertato per immortalare l’evento che non c’è.

Una trasparenza in realtà soltanto di facciata, gli affari sono sempre più opachi. Si aggirano con fantasia le regole e si bypassa l’etica di contratti liberamente sottoscritti. Fatta la legge, si trova subito l’inganno. Sono vietate le «third party ownership», cioè l’acquisizione da parte di fondi finanziari di quote di proprietà dei cartellini dei calciatori? E allora ecco che il ruolo di «terza parte» lo assume direttamente l’agente del giocatore. I 20, 25 o 30 milioni finiti nelle tasche di Raiola dentro l’affare Pogba ne sono una testimonianza. Grave. Perché queste sono risorse che escono dal sistema: una volta i denari pagati, o strapagati, per acquisire un grande campione restavano comunque in circolo, erano linfa vitale per chi aveva venduto, servivano a pagare i debiti, spesso venivano reimpiegati. Tutto restava nel calcio, lo alimentava. I soldi invece che finiscono nelle tasche dei Raiola di turno restano nelle loro tasche, sono sottratti al calcio, servono a comprare le ville di Al Capone. Un mercato che dura quattro mesi l’anno, da giugno ad agosto e poi di nuovo a gennaio, lascia troppo spazio alla possibilità di manovre torbide. Oltre a danneggiare la programmazione di club e allenatori. Eppure c’è chi pensa a un mercato aperto tutto l’anno. Come alla playstation. Un’idea simile a quella di chi pensa di liberalizzare il doping per uscire dalle incertezze dell’antidoping. Il problema delle date non è semplice da risolvere. La logica imporrebbe di stabilire una chiusura, in tutta Europa, a fine luglio, perché le squadre possano preparare al meglio la nuova stagione, magari concedendo una riapertura limitata ai soli club che superano i playoff di Champions. In ogni caso bisognerebbe discuterne. Per evitare un futuro da grand hotel, gente che va gente che viene. I tifosi sono abituati ad affezionarsi ai giocatori della propria squadra. Il calcio non è solo spettacolo, è anche passione e sentimento. È la sua forza.

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