Gazzetta dello Sport – Lamela c’è: Roma “ingabbiata”, serve la sua fantasia

Il bimbo batte i piedini. Non per capriccio, però. Per smania: di giocare, segnare, stupire. Tipico della sua età, ha il mondo a portata di piede, la voglia di conquistarlo, la certezza di riuscirci. Erik Lamela ha fame di vita, calcio, partite. Senza troppi ragionamenti, senza farsi ingabbiare. Ancora puro, con quella libertà di pensiero che serve all’azione per uscire dagli schemi.

E i colpi di genio? E proprio di questo avrebbe bisogno la Roma. Di tante cose, ma soprattutto di un guizzo, una giocata imprevedibile, una variazione sul tema, un colpo d’ala. Troppo scolastico il gioco visto finora, fin troppo diligenti i calciatori, così presi a scambiarsi il pallone una, due, cento volte prima di arrivare al tiro, così attenti e concentrati a tradurre sul campo le lezioni di Luis da sembrare più degli studenti secchioni che dei calciatori. E l’istinto, l’inventiva, la fantasia? Quei colpi di genio per cui la gente paga il biglietto allo stadio? Insomma, quei momenti di esaltazione di cui vive il calcio? Quanti ne ricordate in questi mesi? Giusto un paio sono ancora nitidi nella memoria: lo stop e la carezza che Bojan ha esibito contro l’Atalanta, portando in vantaggio la squadra; il tiro a giro con cui Lamela ha (ab)battuto il Palermo, un sinistro potente e parabolico. È stato il suo primo atto di Roma: un atto d’amore per il calcio e una prova di carattere.

Schiena dritta Perché il ragazzo ha personalità, pure troppa forse. A dispetto della faccia d’angelo, ma si sa che le apparenze ingannano. Lo disse anche Walter Sabatini, quando lo acquistò. «Lamela è un lottatore, in campo combatte». In questo, Erik e Bojan sono agli antipodi. Anche in campo, guardateli: lo spagnolo a volte sembra nascondersi dietro l’avversario, l’argentino viene sempre incontro al pallone, di cui è visibilmente innamorato. Che quasi mai è un bene nel calcio, ma forse, ora, in questa Roma a caccia di esaltazioni, uno che non la passi, che faccia di testa sua, ci provi, tiri, sia un po’ anarchico, ci vuole proprio. È quel che si è visto di Lamela nei tre spezzoni di gara giocati fin qui: testa alta e schiena dritta, coraggio, personalità, e avvisaglie di grande, grandissima tecnica. Se ha pure visioni, o addirittura previsioni di calcio, e se riuscirà a metterle al servizio della squadra, si vedrà poi. Intanto, è apparso un po’ fuori dal gioco, soprattutto a Genova. Ma è il rovescio della medaglia, lo scotto da pagare finché non metabolizzerà le lezioni tattiche di Luis Enrique.

Falli sognare C’è tempo per farsi normalizzare, ed è giusto il tempo che Lamela ha di prendere per mano la Roma e risollevarle l’umore. Quanto sarà questo tempo è impossibile dire. Luis Enrique lo riproporrà titolare a Novara? Difficile, Pjanic è in vantaggio, e non importa che ieri Lamela, e non il bosniaco, sia stato provato nello schieramento con il centrocampo titolare. Più facile che l’argentino entri a partita in corso, come contro il Milan, anche se col rischio che maturi un altro rimpianto. E sarebbe un peccato che finisse un’altra volta come diceva Fossati: «…c’era un tempo sognato che bisognava sognare».
Gazzetta dello Sport – Alessandro Catapano

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