La Romanità, quando la maglia è appartenenza

Corriere dello Sport (F.Guerrieri) – Romani e romanisti. Totti, De Rossi, Florenzi, ma non solo. «Noi abbiamo il dovere di dare qualcosa in più» ha spiegato Lorenzo Pellegrini il giorno della sua presentazione. Cresciuto con il poster di De Rossi in camera. Simboli di una squadra.

IL FORNAIO – Ne sa qualcosa Amedeo Amadei, uno che con quella maglia ha fatto la storia: nel 1942 ha conquistato il primo storico scudetto giallorosso. E pensare che era iniziato tutto per caso: un provino fatto di nascosto dai genitori che non volevano diventasse calciatore. Famiglia umile: gestivano un forno dove anche lui dava una mano. Poi l’arrivo in giallorosso, per tutti era il Fornaretto. Coccolato e amato, anche quando decise di andare via. L’aveva fatto per la Roma che aveva bisogno di soldi, scelse l’Inter. Ma contro la Roma non riuscì proprio a giocare.

IL RETROSCENA DI AGO – Altra epoca altra bandiera: Di Bartolomei. Ago, lo chiamavano. Leader silenzioso, c’era ma non lo sentivi. E in silenzio se n’è andato: quella maledetta mattina del 30 maggio 1994 non la dimenticherà mai nessuno. Un colpo di pistola. Suicidio. La motivazione: «Mi sento chiuso in un buco». Quella Roma che se l’era coccolato durante la carriera da calciatore l’ha pianto dopo la sua scomparsa. Perché Di Bartolomei era amato da tutti e lo sarà per sempre. Era capitano prima ancora di diventarlo, quando a 13 anni rifiutò il Milan per non allontanarsi da casa. Anche lui ha vinto uno scudetto. Quello del 1982-’83, conquistato da capitano e protagonista. Nel 1984 l’addio alla Roma e il saluto dei tifosi con uno striscione: “Ti hanno tolto la Roma ma non la tua curva”. L’anno dello scudetto accanto a lui c’era Bruno Conti. Altra bandiera giallorossa, prima da giocatore poi da dirigente. Lui nato nella città del baseballNettuno – pronto a spiccare il volo verso gli Stati Uniti. Macché: «Deve prima finire di studiare» è stata la sentenza del padre. Niente Usa e niente baseball. Meglio con un pallone tra i piedi. Decisamente: partenza in salita per colpa di un fisico magrolino, ma il maestro Liedholm lo trasforma in un campione che nel 1982 vince anche un Mondiale.

TOTTI E LA CHIAMATA DI GIANNINI – La Roma è la Roma. Lo sa bene anche Giannini, che nel 1996 andò via a malincuore. Lui che debuttò in serie A con la maglia giallorossa proprio l’anno dello scudetto. Predestinato. Principe. Idolo dei tifosi ma soprattutto di un ragazzino, che quando la sera andava a dormire dava sempre uno sguardo al poster di Giannini sopra al letto. Sognava di diventare come lui, un Principe. Diventò Re. Si chiamava Francesco Totti. Cresciuto vicino al suo idolo Giannini, che a 18 lo convinse a non comprarsi una macchina tutta sua tra la disperazione di mamma Fiorella. Sapete qual è il primo libro letto da Totti? Il Piccolo Principe. Ogni bambino ha il suo idolo, Totti era quello di un biondissimo Daniele De Rossi, fin da piccolo incantato dalle giocate del (ex) capitano. E De Rossi è stato il modello di Florenzi e Pellegrini. Di capitano in capitano. Perché quando quella fascia la mette un romano ha sempre un valore in più.

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