La Roma trova il perché: «Legni e rigore negato»

La Gazzetta dello Sport (F.Oddi – C.Zucchelli) – Nei mesi bui di Edin Dzeko, Mauro Icardi era il termine di paragone più scomodo: l’attaccante che lavorava per la squadra ma sbagliava troppo sotto porta, contro il magnifico finalizzatore che in area aveva una media realizzativa senza uguali. La classifica cannonieri dello scorso anno – il bosniaco primo a 29 gol, trascinatore della squadra seconda in classifica, l’argentino quarto a 24, senza riuscire a condurre da nessuna parte l’Inter – sembrava la rivincita del romanista, ieri il pater familias che Maradona detesta si è ripreso la scena. E pensare che fino a metà ripresa l’esordio in casa dei giallorossi sembrava la naturale prosecuzione della scorsa stagione: la Roma in vantaggio in casa, il bosniaco protagonista, con un movimento da bomber di razza, prendendo in controtempo la difesa nerazzurra sul lancio del solito Nainggolan. L’Inter ha sempre portato bene all’ex centravanti del Manchester City – con quello di ieri 2 gol e 2 passaggi decisivi per mandare a bersaglio un compagno negli ultimi 4 confronti –, ma stavolta non è bastato. In tribuna c’era tutta la famiglia, compresa la figlia Una e la moglie Amra, incinta di 9 mesi: la vera gioia del mese gliela darà lei, il gol all’Inter resta troppo amaro da festeggiare.

PALI E VAR – Un minuto prima dell’illusorio vantaggio, Kolarov, decisivo all’esordio a Bergamo, aveva centrato il palo col suo solito sinistro magico, prima dell’intervallo lo ha fatto Nainggolan, con un gran destro da fuori, al 20’ della ripresa il terzo legno, centrato da Perotti, che nella stessa porta, nell’ultima gara all’Olimpico, quella dell’addio del Capitano, aveva segnato il gol più importante della sua avventura romanista. «Ti aspettavi l’intervento del Var?», gli hanno chiesto a Sky per il contatto più che sospetto con Skriniar, lui non si è fatto pregare: «Perché, tu no? Bastava vederlo una volta per capire che era rigore, forse qui non era un problema di tecnologia. De Rossi ha chiesto spiegazioni, gli è stato risposto che in quell’azione c’era solo un angolo. Che dire…».

VICINO ALLA PORTA – Poi il discorso è passato sulle cose che gli chiede Di Francesco, ben diverse da quelle che faceva con l’avversario di ieri sera. «Non è facile cambiare sistema e modo di giocare – spiega il numero 8 giallorosso –, specialmente per me che ho sempre amato giocare largo, aperto: ora mi trovo più vicino agli attaccanti e alla porta. Se la squadra è più o meno forte dell’anno scorso? Per quanto mi riguarda sono sempre nella squadra più forte al mondo, con l’allenatore e i compagni più forti. Abbiamo fatto 70’ meglio di una grande squadra come l’Inter: a Bergamo abbiamo vinto giocando una partita normale, con un solo tiro in porta, oggi abbiamo preso tre pali e abbiamo perso: il calcio è così, dobbiamo accettarlo».

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