L’equilibrio c’è, il gol no. Il comportamento della Roma quinta in classifica è di facile lettura. Basta prendere in esame le ultime prestazioni. Più che sul gioco, è il caso di soffermarsi sull’atteggiamento. Il lavoro di Fonseca, però, è ancora lì, in mezzo al guado. Se adesso il 4-2-3-1 funziona in fase difensiva, contemporaneamente perde l’efficacia offensiva. L’involuzione, guardando alle 9 partite stagionali, è evidente: media di 3 reti nei primi 4 match e di 1 nei successivi 5. Spavalderia all’inizio e prudenza oggi: la sintesi è esagerata, ma non sballata. L’allenatore, comunque, non ha mai rinnegato il suo stile di gioco. E al gruppo ricorda sempre che la strada del successo passa per il coraggio e il dominio in partita. Gli infortuni però sono andati a colpire proprio i ruoli che hanno caratterizzato, in passato, le squadre di Fonseca. Ultimamente in attacco si è ritrovato senza i migliori interpreti: out da quest’estate Perotti, sempre titolare a sinistra nel precampionato, sono usciti di scena anche Under, Mkhitaryan e Pellegrini. Davanti, insomma, ha gli uomini contati. Proprio lì dove avrebbe usato il turnover per mettere in campo, anche per alternare i calciatori negli impegni ravvicinati. Tra l’altro anche Pastore va utilizzato con il misurino, essendosi spesso fermato prima dell’inizio della stagione. E Kalinic si è presentato a Trigoria senza aver fatto la preparazione con l’Atletico Madrid. Ecco perché Dzeko, risparmiato solo a Graz, gioca sempre e si stanca. Il riposo non esiste nemmeno per Kluivert e Zaniolo. La Roma di Fonseca, insomma, non c’è. E non si vede in campo. Sospeso, dunque, ogni giudizio. Sul metodo e ancora di più sul gioco. La realtà conta più di qualsiasi alibi. Il portoghese, costretto a scelte forzate e obbligate non può certo garantire sull’identità e sulla fisionomia. In 9 partite, solo a Bologna e a Lecce è riuscito a confermare la stessa formazione Lo riporta Il Messaggero.