Corriere Dello Sport (G.D’Ubaldo) – Il copione è sempre lo stesso: attaccare i giornalisti per nascondere i risultati negativi di un’annata che sta prendendo una brutta piega. Luciano Spalletti si avvicina al finale di stagione e al momento delle decisioni sul suo futuro. Viene dalla sconfitta nel derby, uno dei momenti più difficili, ma non cambia la sua strategia. Rimette tutto in discussione e oggi anche finire terzi sarebbe per lui un risultato positivo. Spalletti non vuole mostrarsi preoccupato: «Arrivare secondi alle spalle della Juve sarebbe il massimo, perché per quello che hanno fatto vedere i bianconeri non si poteva mettere mano al primo posto. È rimasto l’accesso diretto alla Champions League, ce lo giochiamo col Napoli che è tra le squadre più forti d’Europa, segno che tanto male non abbiamo fatto. Ecco perché se arriviamo secondi raggiungiamo il massimo degli obiettivi, è come aver vinto il campionato». E non accetta di sentir parlare di terzo posto come un fallimento: «E’ utopia dire questo, si resterebbe lo stesso nelle posizioni nobili».
REAZIONE – Stasera la Roma dovrà dare subito un segnale, dopo che ieri il Napoli ha battuto il Cagliari: «Questa partita e quella contro la Juve faranno la differenza, mi sembra ci sia stata la reazione giusta dopo l’amarezza del derby. La Roma non è in alto mare come si pensa in questo momento, è una squadra che ora deve far vedere personalità e forza mentale. Andiamo a giocare una partita difficile ma fondamentale per l’esame della classifica a fine campionato». Gli chiedono un giudizio sui manichini esposti al Colosseo. Parte da lì per una nuova accusa ai giornalisti: «Quel gesto non appartiene né ai tifosi della Roma né a quelli della Lazio, né in generale a chi ama questo sport. Appartiene a persone deviate, che hanno problemi. Iniziative come quelle evidenziano solo odio, cattiveria, livore gratuito. Come quello ricevuto nell’articolo di Vocalelli quando tira in ballo i miei figli in un suo articolo per attaccarmi. Ho girato il suo interrogativo ai miei figli, mi hanno detto che ha ragione lui e che c’erano partite che dovevamo sviluppare meglio e criticabili. Gli hanno dato ragione. Ma preferirebbero anche non comparire e non essere tirati in ballo nei suoi articoli sulle analisi delle sconfitte della Roma. Sono studenti che vanno a scuola e andrebbero lasciati vivere senza nessun commento da una firma importante come lui».
MONCHI SUPER – Poche settimane fa aveva detto di aver solo sentito parlare di Monchi, oggi tesse le lodi del direttore sportivo: «Il presidente Pallotta ha fatto vedere che intenzioni ha, perché è andato a prendere il migliore sulla piazza, il numero uno dei direttori sportivi, quello voluto da tutti». Monchi ha anche confermato il ritiro di Totti a fine stagione. Spalletti in estate aveva detto che erano i giornalisti a voler far smettere il capitano. Ora il suo pensiero è un altro: «Monchi parlando di questo tema ha solo riportato quello che ha trovato, ha ribadito una situazione nota». Poi invita il capitano a uscire allo scoperto: «Sarebbe più facile se parlasse il prima possibile, o perlomeno andasse a richiedere le cose che giustamente devono essere valutate dalla società. Io penso che essendo nel momento più importante della sua carriera, ed essendo così attaccato alla Roma, vuole aspettare e preferisce fare silenzio per dare tutta l’attenzione al finale di campionato. Poi esprimerà il suo pensiero». Spalletti senza essere interpellato al riguardo ci tiene a far sapere di essere contrario al ritiro della maglia numero dieci: «Se fossi io a gestire la società, la maglia rimane in vigore, viva, non muore perché secondo me ritirarla è mortificazione, non esaltazione. Non voglio dover andare al cimitero per vederla. È un modo di ragionare obsoleto, vecchio. E poi al bambino che sogna di vestirla togliamo questa soddisfazione? Per ricordarlo bene invece si scrive in piccolo “10 Totti” sulle maglie». Stride il riferimento al cimitero, parlando di un campione che si avvia dolorosamente a lasciare il calcio. Ma su Totti ha altro da dire: «La gestione del campione, della storia di Totti, spetta al presidente e mi sembra che sia stata fatta. Ho sempre detto che la gestione del calciatore la faccio io e ne devo gestire venti di giocatori. Parlando di Totti si finisce sempre per fare un osanna per i suoi numeri, ma quando si fa la formazione non si vede quello che ha fatto due anni fa, ma gli allenamenti di ora rispetto a quelli di un altro giocatore che vuole giocare come lui». Aveva detto che se Totti non avesse rinnovato lui sarebbe andato via: «Se ne parla a fondo campionato della mia posizione. Si è dato spazio in eccesso all’argomento. Il 60% degli allenatori in Italia ancora non si sa se rimangono, 10-12 allenatori non lo sanno, ma qui è successa la fine del mondo. Ho cercato di caricare le situazioni e spesso ho sbagliato».