La Roma attiva l’unità di crisi

La Roma di oggi, vale la pena ribadirlo a chi considera la stagione già finita, ha la priorità su quella di domani. A tenerlo ben presente deve essere chi quotidianamente vive nello spogliatoio di Trigoria: l’allenatore e i giocatori. A prescindere da quale sarà il futuro di ognuno di loro dopo il 26 maggio. Mancano 10 partite al traguardo e la zona Champions, con 30 punti a disposizione, è sempre lì, ad aspettare i giallorossi che, nonostante i 7 ko e soprattutto i 16 punti lasciati alle formazioni di bassa classifica, restano ancora in corsa: il Milan quarto (in vantaggio, però, anche negli scontri diretti), è a 4 punti e l’Inter terza a 6. Niente di scritto, dunque, ma comunque 2 rivali messe meglio (possono aumentare a 3 se la Lazio, nel recupero del 17 aprile, batte l’Udinese: Inzaghi salirebbe al 4° posto, con 1 punto più di Ranieri). L’allenatore, nel discorso di giovedì che è stato poi simile a quello di Ferrara dopo la sconfitta contro la Spal, è stato inequivocabile con i suoi interlocutori: basta personalismi e isterismi. La Roma, in evidente crisi psicofisica, non si può più permettere di schierare calciatori che vanno per conto loro. In campo e a quanto pare anche fuori. L’interesse personale deve restare nel privato. Fondamentale, negli ultimi 2 mesi di un’annata che rischia di diventare fallimentare non per la società e per i calciatori, sarà privilegiare quello collettivo. Manca da tempo il comportamento di squadra: netta la spaccatura tra i reparti, scarsa la collaborazione tra gli interpreti e minima l’aggressività dei singoli. I giallorossi sbagliano spesso l’approccio e faticano a restare in partita. Ultimamente danno l’impressione di arrendersi davanti a qualsiasi episodio. Non conta il sistema di gioco (adesso il 4-4-2). Bisogna invertire la rotta, cambiando il trend e in fretta. Lo riporta Il Messaggero.

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