La Repubblica – L’isola del tesoro per voltare pagina

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Vecchi e fatiscenti, cattedrali nel deserto scomode divenute negli anni zona franca per i violenti di tutta Europa. Chi cercasse un’istantanea per rappresentare la crisi del calcio italiano potrebbe facilmente scegliere l’immagine di un qualsiasi stadio del nostro paese. Per questo, da anni, tra i club di serie A – ma non solo – è iniziata la corsa alla realizzazione di uno stadio di proprietà. Un’isola del tesoro ancora inesplorata, almeno in Italia: Emirates Stadium, Allianz Arena, sono questi i modelli a cui tutti, più o meno aspirano. Stadi fortezza ma anche poli di intrattenimento, centri commerciali e negozi, musei e uffici, aree ristoro e parchi tematici, per un business multimilionario in grado di far lievitare il fatturato dei club stritolati oggi nella dipendenza dai diritti tv.

La prima a muoversi fu la Juventus: 125 milioni per sostituire il vecchio Delle Alpi con lo Stadium (20 per i 355mila metri quadrati dell’area), con un incremento dei ricavi da gare del 174%. Gli analisti parlano di un’incidenza media sul fatturato di un club che può variare dal 20 al 40%, già al primo anno con il nuovo stadio gli incassi dei bianconeri erano cresciuti del 24%. Ma c’è anche chi come la Roma è convinto di poter raddoppiare quel dato. E per questo ha presentato un progetto monumentale da oltre un miliardo di euro, di cui 320 milioni per interventi pubblici. Oltre allo stadio da 52mila posti, però, il piano prevede anche 245 negozi, ristoranti (in tutto, 6mila nuovi posti di lavoro), hotel extralusso e soprattutto un discusso “business park”: 920mila metri quadri di uffici, concentrati nelle “torri gemelle” disegnate dall’archistar Usa Daniel Libeskind, un’operazione edilizia per finanziarie i costi del progetto.

Qualcosa di simile, realizzando però case e non uffici insieme all’impianto, ha fatto l’Arsenal all’inizio degli anni Duemila: circa 500 milioni la spesa per l’Emirates e indebitamento di 310 milioni circa (il resto li ha coperti lo sponsor). Ma tra il 2002 e il 2010 l’area residenziale ha generato un fatturato di 391 milioni di sterline con un utile di 69, e tra il 2008 e il 2010 il club ha incrementato di circa 60 milioni i ricavi ogni anno: il segno tangibile che il modello Emirates funziona eccome. Come d’altronde l’Allianz Arena, che garantisce al Bayern entrate nette per 53-54 milioni all’anno. Numeri che hanno convinto persino il Real a progettare il Nuevo Estadio Santiago Bernabeu, impianto da 400 milioni destinato a incrementare i ricavi del club del 30%, o almeno questo promette.

Ma perché l’Italia è il fanalino di coda d’Europa quando si parla di stadi di proprietà? Intanto, fino al dicembre 2013 mancava una norma che regolamentasse il percorso e l’iter burocratico rappresentava un ostacolo insormontabile. Ora c’è: entro 9 mesi Comune e Regione devono pronunciarsi sullo studio di fattibilità: unico dogma, l’impedimento ad associare il progetto alla realizzazione di nuovi quartieri. Un monito a chi, come Claudio Lotito, aveva pensato di usare lo stadio come grimaldello per costruire 12 mila unità abitative. Poi però c’è il problema dei costi: sponsor che coprano gli oltre 300 milioni necessari a costruire un impianto (e le strutture annesse) è complicato anche per club come il Milan.

Eppure i rossoneri hanno già avviato il loro progetto per l’area dell’Expo: costo circa 320 milioni, dovrebbe far impennare i ricavi del 20-25%, secondo gli studi dell’ad Barbara Berlusconi, generando 1000 posti di lavoro per la realizzazione e 500 una volta diventato operativo. Immaginifico il sogno fiorentino: a Firenze i Della Valle vorrebbero trasformare i 50mila mq dell’area Mercafir in un impianto da 40mila posti con museo d’arte moderna, hotel e centro commerciale, garantendo lavoro a 3mila persone. C’è poi chi il proprio progetto non riesce a farlo decollare: Lotito girava anni fa con il plastico dello Stadio delle Aquile nel portabagagli, ma, oltre ai problemi di cui sopra, il progetto non fu approvato perché pensato su una zona alluvionale, la Tiberina.

L’Inter di Thohir e il Napoli di De Laurentiis, poi, più che realizzarne uno nuovo di impianto vorrebbero valorizzare quelli esistenti, San Siro e San Paolo. Ma lo stadio non è esclusiva delle big: la piccola Udinese acquistando per 99 anni i diritti dell’area (4,55 milioni) sta trasformando il Friuli in uno stadio hi-tech di proprietà: un affare da 28 milioni a cui aggiungerne altri 20 per costruire l’immancabile area commerciale, ristoranti e persino un pronto soccorso. Non sarà l’Emirates, ma è abbastanza per iniziare a sognare.

La Repubblica – M.Pinci

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