La (quasi) perfezione del Napoli. Basta un gol per la fuga

La Stampa (G.Buccheri) – Otto su otto, mai successo. Otto vittorie con un filo che le lega: Napoli bello, a tratti da effetti speciali, ma abile anche a soffrire. Così le prove di fuga sono servite: quanto grande sarà la distanza fra gli azzurri e chi insegue lo deciderà il derby di San Siro perché se l’Inter dovesse fallire, l’allungo partenopeo assumerebbe i caratteri di un piccolo, ma significativo, scatto in avanti. La Roma cade non senza lottare, ma di questi tempi per fermare la corazzata di Maurizio Sarri occorrerebbe farsi aiutare da forze (quasi) sovrannaturali: i giallorossi hanno dovuto aspettare gli ultimi venti minuti per far venire il mal di pancia alla retroguardia avversaria perché, prima, per più di un’ora hanno vissuto nell’impotenza. E ora? Il copione si sposta fuori confine dove il calendario della Champions League regala la più avvincente delle storie: fra 48 ore, il Napoli guarderà negli occhi il Manchester City di Pep Guardiola in un confronto che metterà una davanti all’altra le regine del gioco e dei gol (entrambe viaggiano a una media superiore alle tre reti a gara).

PRIMO TEMPO DA PADRONI – Senza scomodare la perfezione, qualcosa di simile è accaduto. Là in mezzo il Napoli è leggero, leggerissimo: nel muovere il pallone e nel mandare in tilt la resistenza avversaria. A Roma è capitato di nuovo e a niente sono servite le raccomandazioni di Di Francesco ai suoi ragazzi: Nainggolan doveva attaccarsi a Jorginho, lo ha fatto, ma la missione è fallita fin dai primi tocchi. Hamsik e Allan hanno messo in evidenza la fragilità di De Rossi e Pellegrini, i due giallorossi chiamati ad allontanare il pericolo che invece si è materializzato a ogni verticalizzazione partenopea. Già, il gioco per vie centrali. Così il Napoli ha cercato (e trovato) il grimaldello per far sua la notte romana: per vie centrali, la trasmissione delle idee dal centrocampo napoletano alla linea d’attacco si è manifestata senza soluzione di continuità come nell’acuto vincente di Insigne. Il primo tempo è andato via in questo modo: netta la superiorità di Insigne e soci, troppo netta per assegnare dei demeriti ai singoli avversari. Giocare contro chi ti fa venire il mal di testa non è compito semplice.

SOFFERENZA NEL FINALE – Sofferenza nel finale Il Napoli colpisce e ti sfianca, la Roma vacilla. Dzeko è spento, quasi fumoso: la colpa è anche di chi lo innesca con difficoltà. Sulle corsie il più vivace, prima di spegnersi, è l’ex granata Bruno Peres, ma non può bastare se Florenzi da una parte e Perotti dall’altra vanno a corrente alternata. I tentativi romanisti cadono da lontano: ci provano un po’ tutti, senza fortuna alcuna. Sull’altro fronte, ogni accelerazione è un tremore. La vera novità della terza avventura Sarri sulla panchina azzurra la tocchi ancora una volta con mano all’Olimpico: il Napoli, questo Napoli, sa anche togliere il piede dall’acceleratore senza che il prodotto ne risenta. Quando il traguardo si avvicina, i primi della classe indietreggiano di qualche metro e la Roma prova ad approfittarne (Reina è bravo a spingere sul palo il colpo di testa di Fazio). Per la squadra che guarda tutti dall’alto può andare bene così: il doppio viaggio capitolino si conclude con due successi, prima la Lazio, ora i giallorossi. Prossimo incrocio da brividi in campionato, il duello con l’Inter al San Paolo.

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