La promessa di Spalletti a Pallotta: “Questa squadra è forte e può vincere”

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Il Corriere della Sera (L.Valdiserri) – Il matrimonio tra James Pallotta e Luciano Spalletti — celebrato a Miami prima che l’allenatore ripartisse per Roma, a prendere per mano una squadra che esce da una sola vittoria nelle ultime dieci partite — è stato costruito su una promessa del tecnico: questa squadra è forte e può vincere. Il presidente non voleva sentire altro. Pallotta aveva perso la fiducia in GarciaInsieme abbiamo vissuto momenti positivi, ma riteniamo che questo sia il momento giusto per cambiare » è stato lo scarno comunicato dell’esonero di Garcia) e il suo braccio destro, Alex Zecca, è stato il grande sponsor del ritorno di Spalletti.

L’incontro di Miami ha molto avvicinato presidente e nuovo allenatore: non è stato un problema fargli un contratto ancor più ricco di quello di Garcia (4,5 milioni netti per i prossimi 18 mesi, un’opzione legata ai risultati per il terzo anno), né garantire a Spalletti gli uomini dello staff che voleva (Baldini e Domenichini, più Franceschi che troverà già a Trigoria). Spalletti, che oggi pomeriggio guiderà il primo allenamento, avrà qualche rinforzo. Arriverà Perotti, perché Sabatini non può premettersi un altro sgarbo a Preziosi, dopo Iturbe; si tratta con il Barça con Adriano, perché un terzino destro serve; da Empoli potrebbe arrivare Tonelli, il difensore centrale mancino che manca; restano le piste che portano a Caceres, Santon, De Sciglio e, soprattutto, Criscito. Se non adesso, a giugno. Spalletti dovrà combattere contro i «riportini», cioè le voci che uscivano da Trigoria e lo facevano infuriare.

Tra i social media e i report fatti quotidianamente a Pallotta ci sarà da divertirsi. Dentro la Roma c’è chi teme assai il carattere «fumantino » di Spalletti e il fatto che ritorni in una piazza che, nel tempo, è cambiata. Ma era e resta la miglior scelta possibile in un’emergenza in cui la dirigenza si è cacciata da sola. Rudi Garcia, ieri, ha salutato tutti a Trigoria, con commozione. Ha passato momenti esaltanti (le dieci vittorie consecutive del primo campionato), altri difficili ma appaganti (il secondo posto strappato con le unghie e con i denti l’anno scorso), altri ancora deprimenti (l’andamento in Champions League, le ultime settimane). Ha creato spesso una buona chimica tra lui e i giocatori, ma ha sbagliato ad assecondare la filosofia di Sabatini, quella per cui «è meglio che non vi affezionate ai calciatori». Garcia, per esempio, non si è opposto abbastanza alla cessione di Benatia, grande difensore e ancor più importante leader. Alla fine, al contrario di quello che aveva detto Sabatini, con un’espressione alla Quentin Tarantino, gli schizzi di sangue sono stati soltanto i suoi. Tanti i messaggi dei suoi giocatori affidati al web. Il più bello, quello di Kevin Strootman: «Mister, ti ringrazio per il sostegno che mi hai dato durante la riabilitazione. Hai sempre creduto in me, mi hai portato alla Roma e di questo ti sarò sempre grato. Ti auguro il meglio per il futuro». Un futuro senza Roma.

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